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ALFREDO MANTOVANO SOTTOSEGRETARIO PRESIDENZA DEL CONSIGLIO, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI
«Aperta e disponibile» al dialogo con la magistratura, anche se si tratta di un dialogo difficilmente praticabile. Soprattutto se i toni delle toghe restano quelli usati nelle manifestazioni di protesta che hanno accompagnato lo sciopero dello scorso 27 febbraio, nelle quali le componenti più “barricadere” dell'Anm, oltre a mettere in scena manifestazioni dal sapore squisitamente politico, hanno accusato il governo di nutrire dei propositi eversivi, di cui a loro avviso la riforma della giustizia e la separazione delle carriere rappresentano un tassello.
A Palazzo Chigi, dove il sottosegretario Alfredo Mantovano sta curando il dossier sulla riforma dell'ordinamento giudiziario, è questo il sentimento che accompagna la preparazione dell'incontro di domani pomeriggio, tra la premier Giorgia Meloni e i vertici dell'Associazione nazionale magistrati, guidati dal neopresidente Cesare Parodi. Un incontro chiesto da quest'ultimo poco dopo la sua elezione, una richiesta che era stata interpretata dai più come il segno di una volontà di inaugurare una stagione meno conflittuale nei confronti della politica, rispetto alla gestione Santalucia.
Non a caso, la proposta di Parodi era stata accettata immediatamente e di buon grado da Meloni, contestualmente alle congratulazioni per l'elezione. Nel mezzo, però, c'è stato il “richiamo all'ordine” da parte delle correnti più intransigenti dei magistrati presenti in giunta, le quali hanno riportato la dialettica con l'esecutivo su binari conflittuali. Ma soprattutto e come si diceva, lo sciopero di giovedì scorso e le manifestazioni che le hanno accompagnate, nelle quali la richiesta delle toghe alla premier è sembrata – sic et simpliciter – `quella di ritirare una riforma ritenuta inemendabile e pericolosa.
Toni che a Palazzo Chigi sono stati giudicati “durissimi” e che non rappresentano il miglior viatico a una possibile trattativa. Nonostante ciò, ieri sera in tv la presidente del Consiglio ha affermato di avere «un rispetto enorme» per le toghe e di sperare nel ritorno di un «confronto sereno». Che appare comunque virtuale più che plausibile: Meloni non ha alcuna intenzione, infatti, di edulcorare o modificare un testo che ritiene equilibrato e, soprattutto, pienamente rispondente a quanto promesso agli elettori nel corso della campagna elettorale.
«Non è una riforma contro qualcuno», ha ribadito ieri, «ma necessaria per la giustizia». «Stiamo cercando di liberare la magistratura», ha aggiunto, «da tutti i condizionamenti politici». D’altra parte, far ripartire da capo l'iter dell'unico ddl costituzionale su cui c'è pieno accordo in maggioranza, col rischio di creare un effetto domino nel centrodestra, è un'opzione non contemplata, soprattutto se sul versante Anm non si riconosce alcuna legittimità alla riforma.
Anche l'ipotesi di “concedere” il sorteggio temperato, in luogo di quello integrale, per l'elezione dei membri togati dei Csm, che nei giorni scorsi è stata fatta balenare come possibile apertura della premier, non sarebbe sul tavolo, stando a quanto filtra, a meno che le toghe, con una giravolta che contraddirebbe quanto affermato negli ultimi giorni, si mostrassero disponibili a legittimare il ddl Nordio.
Ma la premier, su questo fronte, ha parlato chiaro, ritenendo imprescindibile l'approvazione del testo attuale entro i tempi utili per istruire il referendum confermativo nel 2026, e ogni ritardo potrebbe compromettere la tabella di marcia. Su questo Meloni è in totale sintonia col Guardasigilli Carlo Nordio, anche perché in maggioranza FI potrebbe cogliere l’occasione di una riapertura del testo per sollecitare l’introduzione di ulteriori norme.
Inoltre, la questione dell'elezione dei membri laici del Csm e altre tecnicalità (per quanto rilevanti) lontane dai capisaldi della riforma, potranno essere affrontate in seguito con leggi ordinarie. Ed è proprio su questo che potrebbe soffiare, domani, nel corso dell'incontro, l'unico refolo di trattativa, anche se è difficile che, nel clima attuale, le due parti possano ritenere affidabili eventuali impegni in questo senso.
Interessante, invece, sarà capire se i dati effettivi sull'adesione allo sciopero corrisponderanno alle cifre dichiarate dall'Anm, che ha annunciato una cifra vicina all'80 per cento, dopo aver diffuso una sorta di vademecum che avrebbe permesso di figurare come astenuti dal lavoro anche i magistrati che avessero voluto recarsi in tribunale dichiarando un'urgenza. Se i numeri diffusi dai togati dovessero discostarsi in maniera sensibile da quelli reali, di certo il governo troverebbe il modo di segnalare la cosa al tavolo di domani.
Prima dell’incontro tra toghe e premier, previsto per le 15 e 30, ci sarà in tarda mattinata (più precisamente alle 11) anche quello con i penalisti dell’Ucpi, guidati dal presidente Francesco Petrelli, che ha già fatto sapere di voler puntare l’attenzione sul dramma del sovraffollamento carcerario e delle conseguenti condizioni disumane di detenzione, che stanno facendo salire in modo drammatico il numero dei suicidi in cella.