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LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI
Undici gennaio. È questa la data da segnare in rosso sul calendario per capire se la volontà del governo di rilanciare la politica di contrasto all’immigrazione clandestina che vede coinvolti i centri fatti costruire in Albania sarà seguita dai fatti. Come confermato dal vertice di ieri a palazzo Chigi la volontà del governo è quella di riprendere al più presto il trasferimento dei richiedenti asilo nei centri, pratica finora bocciata dai giudici. Con un emendamento al decreto flussi, il governo ha infatti attribuito le competenze sulla convalida del trattenimento del richiedente protezione internazionale alle Corti d’Appello, norma che scatta 30 giorni dopo l’entrata in vigore della legge, ovvero proprio l’ 11 gennaio.
All’incontro di ieri hanno partecipato, oltre alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, anche il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, in collegamento video dal Kosovo, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro della Difesa Guido Crosetto, il ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le Politiche di coesione Tommaso Foti e il sottosegretario Alfredo Mantovano, autorità delegata per i servizi di sicurezza.
Dopo il vertice una nota di palazzo Chigi ha fatto sapere che «anche alla luce della recente sentenza della Corte di Cassazione che ha indicato le competenze relative all’individuazione dei Paesi di origine sicura a livello nazionale», il governo ribadisce «la ferma intenzione di continuare a lavorare, insieme ai partner Ue e in linea con le Conclusioni del Consiglio Europeo dello scorso 19 dicembre, sulle cosiddette “soluzioni innovative” al fenomeno migratorio». Non solo. Meloni «ha inoltre condiviso il forte consenso che è emerso in questo senso, anche in occasione della riunione promossa insieme ai Primi Ministri danese e olandese con gli Stati membri più interessati al tema, a margine dello scorso Consiglio europeo», prosegue la nota in riferimento al vertice Nord-Sud in Lapponia dello scorso weekend.
In quell’occasione la discussione tra i leader si è concentrata sull’esigenza di disporre di un quadro normativo europeo sempre più chiaro ed efficace con, in particolare, il rafforzamento dei concetti di Paese sicuro di origine e Paese terzo sicuro per sostenere le soluzioni innovative, a partire dal modello Italia-Albania e dalla possibile creazione di «returns hubs» in Paesi terzi. L’inquilina di palazzo Chigi, oltre a sostenere la rapida presentazione e finalizzazione della nuova proposta legislativa che la Commissione intende presentare nei primi mesi del 2025, aveva evidenziato la rilevanza delle soluzioni innovative nel contrastare la migrazione irregolare, soprattutto per spezzare il «modello di business» dei trafficanti di esseri umani e, allo stesso tempo, consentire di focalizzare gli sforzi di accoglienza europea nei confronti di chi ha effettivamente diritto alla protezione internazionale.
Durante la riunione prima della Vigilia di Natale, «abbiamo ribadito il nostro impegno a seguire un percorso che anche l’Unione Europea ha riconosciuto» come innovativo, ha detto Tajani da Camp Film City, quartier generale della Kfor, la missione a guida Nato in Kosovo. «Le soluzioni innovative sono state apprezzate e vengono apprezzate anche da altri Paesi. Abbiamo avuto una sentenza della Corte che conferma la bontà delle scelte del governo, continueremo a lavorare in questa direzione con grande serenità con grande serietà» , ha aggiunto il leader di Forza Italia. Insomma l’intenzione è quella di marciare compatti verso il ripristino dei trasferimenti, in attesa di altri pronunciamenti che potrebbero avallare o di nuovo bocciare la pratica. Il tutto con buona pace delle opposizioni, che pure sono tornate all’attacco mettendo in evidenza da più parti il «fallimento» della strategia di governo.
Se per la segretaria del Pd Elly Schlein quello albanese è «un progetto inumano, inefficace, dispendioso e privo di risultati concreti», per il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, «con un gioco delle tre carte, l’esecutivo ha scelto di travisare volontariamente la pronuncia della Corte di Cassazione sul decreto flussi, nella parte che riguarda i Paesi sicuri», mentre per la M5S Chiara Appendino «sull’immigrazione abbiamo visto il più grande fallimento di Giorgia Meloni» che «ha identificato per mesi nei giudici il problema dell’Albania» ma a oggi il progetto si è tradotto in «un miliardo di euro buttati nel cesso sottratti ad esempio alla sanità pubblica, centinaia di poliziotti piazzati lì che non sono a lavorare nelle nostre stazioni».