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«Un decreto sulla legge elettorale sarebbe fuori luogo. E in ogni caso dovrebbe passare attraverso il consiglio dei ministri e noi siamo contrari». Archiviata la bocciatura del “Fianum”, Maurizio Lupi, capogruppo di Alternativa popolare alla Camera, mette subito in chiaro un concetto: il luogo per fare le leggi è il Parlamento. Inutile cercare scorciatoie che portano in un vicolo cieco.
Alfano ha detto che «Ap ha vinto» la partita sulla legge elettorale. Siete soddisfatti?
Non parlerei di una partita come se fosse un incontro di calcio con un vincitore e uno sconfitto, abbiamo detto di aver vinto perché l’obiettivo era dare una buona legge elettorale al Paese. È stata la vittoria del buonsenso, la vittoria di chi non urla e non pensa di fare accordi fuori dal Parlamento che si basano solo sui numeri ma senza alcuna base politica con la P maiuscola.
Bisogna mettere da parte l’interesse dei singoli, non possono decidere solo i grandi gruppi sulla pelle di tutti gli altri: si dialoga e si cercano proposte per migliorare un testo, così funziona il Parlamento.
E in Parlamento ci sono ancora le condizioni per scrivere una nuova legge elettorale?
Il Parlamento è in grado di approvare una nuova legge ad amplissima maggioranza a condizione che si correggano gli errori commessi. Il segretario del Pd ha ammesso di aver sbagliato. Bene, ci si rimetta al lavoro dalla prossima settimana per individuare punti comuni che consentano di scrivere una buona legge. Altrimenti ci sono già i testi modificati dalla Consulta. L’importante è aver tolto dallo scenario l’equivoco di far coincidere l’approvazione della legge con lo scioglimento delle Camere.
L’ex premier Renzi adesso annuncia pieno sostegno al governo Gentiloni fino al 2018. Vi fidate ancora del segretario Pd?
Io mi sono sempre fidato, per formazione personale, della politica. Per me l’altro non è mai stato l’avversario assoluto, anche se la pensa in maniera diversa. Bisogna collaborare per il bene del Paese. Ho sempre avuto fiducia nelle persone, compreso il segretario del Pd. Dobbiamo impiegare gli otto mesi rimanenti di questa legislatura per affrontare alcune priorità: crescita, sostegno alle famiglie e alle imprese. E nella prossima legge di stabilità dovremo evitare di aumentare l’Iva di due punti perché frenerebbe il Paese.
Sulla legge elettorale Renzi ha commesso gli stessi errori che hanno portato alla sconfitta del 4 dicembre?
Spero che ognuno di noi impari sempre qualcosa da ciò che accade. Tanto più se uno decide di fare politica, un’attività strettamente legata alla comprensione della realtà. E se sei fuori dalla realtà sei finito, mi auguro che Renzi abbia appreso qualcosa anche dalla bocciatura di questa riforma. L’idea di fare tutto in fretta ti conduce inevitabilmente in errore.
Anche nel Pd ci sono stati franchi tiratori che hanno “impallinato” la riforma. Crede che alcuni parlamentari dem siano stati condizionati dalle severe parole contro le elezioni anticipate pronunciate dall’ex Presidente Napolitano?
Intanto mi faccia dire una cosa sui franchi tiratori: se in Parlamento sono previsti i voti segreti significa che su alcuni temi la libertà personale viene prima della disciplina di partito. Sicuramente, però, un pensatore libero e autorevole come Napolitano ha rafforzato anche i giudizi di molti, non solo del Pd. Infatti i franchi tiratori sono stati molto trasversali.
Ora Ap conferma l’appoggio a Gentiloni ma Alfano aggiunge: «Non ci sentiamo alleati del Pd». Come si fa a stare in maggioranza senza intesa col maggior partito di governo?
In questi giorni di scontro acceso è emerso ciò che noi sosteniamo da quattro anni. Questo governo è stato retto da una maggioranza non determinata dalle urne, ma dall’assunzione di responsabilità di partiti diversi e alternativi che volevano aiutare il Paese a uscire dalla crisi, visto che nel 2013 nessuno aveva vinto le elezioni. Dunque, non un governo monocolore del Pd. Anzi, alcuni provvedimenti sono proprio frutto della nostra presenza: abolizione dell’Imu, cancellazione dell’articolo 18, flessibilità sul lavoro, voucher, bonus mamme. Le larghe intese, però, sono sempre una parentesi eccezionale.
Che a voi è costata una scissione da Forza Italia...
Ritenevamo importante la collaborazione tra culture politiche diverse per far uscire il Paese dal baratro. E in parte ce l’abbiamo fatta, visto che la crescita inizia a farsi vedere. Anche per questo abbiamo avversato una legge elettorale proposta da Forza Italia - il partito che ha criticato le larghe intese - costruita paradossalmente su misura per le larghe intese dopo il voto. Quando ci ripresenteremo davanti agli elettori rivendicheremo i risultati ottenuti in questi anni ma anche le grandi differenze tra noi e il Pd.
E con quale contenitore vi ripresenterete davanti agli elettori?
Stiamo lavorando a una proposta politica nuova: alcuni la chiamano di centro, altri moderata, altri ancora liberal popolare. Definitela come vi pare, l’importante è tornare a proposte politiche che non si basino né sui Maradona né sui Mandrake. Non serve urlare o scagliarsi contro qualcuno, è il momento delle persone di buonsenso che si rimboccano le maniche con un’unica idea in testa: l’Italia è grande grazie ai suoi cittadini.
Parisi resta ancora una potenziale risorsa o, visto che le urne si allontanano, ne potete fare a meno?
Ripeto, non abbiamo bisogno né di Mandrake né di Maradona, anche perché in giro non ce ne sono purtroppo. Servono persone che credono nella politica e chi viene dalla società civile deve comprendere la sfida che ci attende: dobbiamo unirci senza porre paletti o primogeniture. Servono personalità capaci di fare una sintesi al servizio di un’idea nuova. Chiunque sia, non ci sono predestinati. Chi pensa di essere un predestinato, in genere, fa una brutta fine.
Forza Italia non è più in grado di coprire lo spazio che voi vi proponete di rappresentare?
Forza Italia prima e il Pdl dopo erano partiti che con un consenso altissimo. Nel 2008 il Pdl raggiunse il 38 per cento delle preferenze. Oggi Forza Italia, stando ai sondaggi, si attesta attorno all’ 11 o 12 per cento. È evidente che quella promessa interpretata per 20 anni da Berlusconi oggi ha bisogno di strumenti nuovi. Affrontare i cambiamenti epocali con strumenti vecchi porta alla sconfitta. E lo dice uno che tifa Milan, posso mostrare tutti i nostri trofei, ma purtroppo sono sei anni che non vinciamo più niente.