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Improcedibilità, non "prescrizioine": basta la parola e la crisi sulla legge Bonafede è risolta
Ci sarebbe una notizia. Ed è in una riflessione proposta al Dubbio da Alfredo Bazoli capogruppo dem in commissione Giustizia alla Camera: «Nell’immediato, sulla prescrizione dovrebbe valere la logica del lodo Orlando, almeno nei rapporti fra Pd e Movimento 5 Stelle: quindi, a breve, nessuna modifica della norma Bonafede. Con riserva di intervenire sul punto se da qui a qualche mese non sarà stata approvata una riforma penale davvero efficace». Quindi, pur considerate le altre mille variabili ora in gioco per il governo, è da escludere che il Pd dica sì al lodo Annibali da qui a una settimana, quando dovrebbe essere discusso in prima commissione a Montecitorio. Insomma, un dato c’è: nell’immediato, il blocca- prescrizione di Bonafede non provocherà strappi nell’alleanza fra dem e pentastellati. E forse non varcherà neppure la soglia dell’Aula. Sia in commissione Affari costituzionali che in commissione Giustizia, dove l’emendamento anti- Bonafede è in rampa di lancio, la vecchia maggioranza, pur priva ormai di Italia viva, resisterebbe ancora, seppur di un soffio.
C’è un altro aspetto, e riguarda il futuro meno ravvicinato. È chiaro che la posizione del Nazareno sulla giustizia penale è sì prudente, e conservativa rispetto all’alleanza con i cinquestelle, ma non è sclerotizzata. Nel senso che il quadro potrebbe cambiare: «Vale la logica del lodo Orlando», spiega ancora Bazoli, «si verifichi l’ efficacia di una riforma del processo, e la possibilità di definirla in tempi brevi, diciamo certamente entro il 2021. Se non si riuscissero a prevedere misure e interventi complessivi davvero in grado di velocizzare la giustizia penale, allora andrebbe ripristinata la riforma della prescrizione del 2017, a firma Orlando, e accantonata la norma Bonafede».
Tra un attimo vedremo perché Bazoli trova la prospettiva coerente con la natura stessa dell’istituto. Ma ci si deve arrivare dopo aver riepilogato il seguente cronoprogramna minimo sulla giustizia. A partire dagli emendamenti che congelano per un anno o addirittura sopprimono del tutto il blocca- prescrizione di Bonafede. Ieri il Giornale ha dato notizia che sono stati dichiarati tutti ammissibili nell’ambito dell’esame sul decreto Milleproroghe, in corso alla commissione Affari costituzionali della Camera. Ce n’è uno firmato appunto da Lucia Annibali, di Italia viva, ma altri analoghi sono intestati a Enrico Costa ( Azione), Riccardo Magi (+ Europa) e agli azzurri Francesco Paolo Sisto e Pierantonio Zanettin. Andranno però in votazione almeno di qui a una settimana. Il Milleproroghe va convertito entro inizio marzo, ma è impensabile che il Parlamento ci lavori prima che si insedi un nuovo governo. I numeri della commissione fanno paura ma dovrebbero impedire il colpaccio: 24 Pd- Leu- M5S, 24 il resto del mondo. Quindi non passa. Dovrebbe accadere la stessa cosa a inizio marzo, quando gli stessi emendamenti, c’è da esserne certi, saranno ripresentati nella discussione sul ddl penale. Adesso il termine per proporli è al 15 febbraio, ma la commissione Giustizia presieduta dal pentastellato Mario Perantoni rinvierà la scadenza di almeno dieci giorni. In ogni caso, anche lì i numeri, seppur in bilico, dovrebbero tenere: 23 a 23, niente da fare.
Il discorso potrebbe cambiare sul medio termine. Perché alle polemiche che il Pd dovrà incassare da parte di Renzi e del centrodestra, si risponderà appunto con lo schema del lodo Orlando: se ne parla a fine 2021. E qui interviene di nuovo l’analisi di Bazoli, che è anche relatore del ddl penale in commissione: «Il lodo Orlando è un tentativo di mediazione politica. Ma risponde a una logica tecnico- normativa. Innanzitutto, va sempre ricordato che in altri Paesi non esiste una prescrizione del tipo di quella da noi in vigore prima che intervenisse la norma Bonafede. Esercitata l’azione penale, altrove il processo va avanti fino a concludersi, senza ghigliottine. Da noi però l’istituto aveva inevitabilmente assunto la funzione di norma di garanzia noin solo rispetto al diritto all’oblio ma anche per il principio costituzionale della ragionevole durata. Visto che i processi sono troppo lunghi, la prescrizione era un meccanismo comunque necessario per scongiurare casi parossistici, ed estinguere il reato se si va troppo oltre. È chiaro», dice il capogruppo pd in commissione Giustizia, «che se si riuscisse ad approvare una riforma del processo davvero acceleratoria, la necessità di ripristinare la prescrizione pre- Bonafdee, cioè quella uscita dalla riforma Orlando del 2017, verrebbe meno. Di più: visto che il blocca- prescrizione di Bonafede farà sentire i propri effetti quando si arriverà al termine in cui sarebbero andati prescritti i primi reati tra quelli commessi a partire dal gennaio 2020, di tempo per aggiustare le norme sul processo ce ne sarebbe, in teoria. Ma in pratica bisogna essere concreti. Perciò, se di qui al prossimo autunno il Parlamento non fosse in grado di approvare una riforma davvero efficace, un intervento sulla norma Bonafede andrà fatto. Ecco cosa dice il lodo Orlando», spiega Bazoli, «ed ecco perché anche con un eventuale governo Draghi, resterebbe identico il percorso. Il Movimento 5 Stelle dovrebbe mettere in conto la necessità di intervenire di qui ad alcuni mesi».
È un discorso che non entusiasmerà né Renzi, né il centrodestra, né soprattutto l’avvocatura. Ma è anche l’orizzonte in cui plausibilmente si muoverebbe un guardasigilli di alto profilo in un governo Draghi: ricerca di misure tecnico- normative efficaci, ma soluzione di riserva sul blocca- prescrizione già pronta qualora quelle misure non si trovassero. La tregua reggerà ancora, sulla giustizia penale. Ma dare per certo che nulla cambierà più, per le regole del processo, e per il diritto all’oblio, sarebbe da ingenui