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Una nuova Lega sovranista o il vecchio Carroccio secessionista? A sfidarsi per la guida di Via Bellerio, domenica, non saranno solo due candidati Matteo Salvini e Giovanni Fava ma due idee opposte di movimento. Domani le “camice verdi” sceglieranno il nuovo segretario attraverso primarie di partito. Potranno votare gli oltre 15 mila iscritti in regola col tesseramento 2016 e con almeno un anno di militanza alle spalle. Favoritissimo, manco a dirsi, il segretario uscente Salvini. Dovrà vedersela col bossiano Fava, deputato stimato dai nostalgici di “Roma ladrona” ma senza grandi chances di vittoria. Per il leader uscente sarà l’occasione di mettere a tacere il dissenso interno e avere mani libere per disegnare un nuovo soggetto lepeniste con ambizioni di governo. «Voglio una Lega che cresce orgogliosa delle sue radici ma che per vincere le sue battaglie de- ve guardare avanti e non indietro», spiega Salvini. «E questa Lega forte e unita potrà decidere con chi allearsi, nessuno mi può imporre un’alleanza obbligatoria con Berlusconi». Una Lega, dunque, capace di uscire dai confini disegnati dal Po, con buona pace di Alberto da Giussano. I nostalgici potranno ancora consolarsi con Pontida e le ampolle sacre, ma non sarà più quello il partito in cui crede Salvini.
A stemperare i i toni ed evitare inutili strappi ci pensa un “grande vecchio” ancora in piena attività: il governatore della Lombardia Roberto Baroni. «Lega è una, io voto per la Lega. Domenica voterò per la Lega», dice l’ex ministro dell’Interno. «Ci sono due candidati: uno, Matteo Salvini, che è quello che ha portato la Lega alle percentuali astronomiche di oggi e che quindi ha ovviamente grandi meriti. E l’altro è Gianni Fava, che punta molto sul Nord, che è una cosa che sta sul cuore a tutti i leghisti». In entrambi i casi, però, sottolinea Maroni, «la regola nostra è che da lunedì il nuovo segretario è il segretario di tutti. Adesso c’è molta passione nel dibattito interno ma da lunedì ci deve essere la Lega, punto, unita dietro il suo segretario». Tradotto: nessuno si sogni di sfasciare il partito. Nelle precedenti primarie, le prime della storia leghista, dopo le dimissioni di Roberto Maroni, il 7 dicembre del 2013, fu l’attuale segretario a prevalere, raccogliendo 8.162 voti ( pari all’ 82 per cento delle preferenze), lasciando al palo il fondatore della Lega, Umberto Bossi, fermo al 18, 3 per cento con 1.833 voti.