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«Ogni volta che deroghi ad una regola praticamente la cancelli», amava ripetere Gianroberto Casaleggio ai suoi giovani parlamentari che già nel 2015 spingevano per ritoccare alcuni precetti troppo rigidi del grillismo. Ma da allora di acqua sotto i ponti ne è passata parecchio e il Movimento, diventato partito, di regole ne ha cambiate parecchie. E chiedere oggi di smantellare l’ultimo tabù, la legge sacra del limite dei due mandati, non sorprende più di tanto.
Formalmente, il restyling allo Statuto servirebbe a consentire a Virginia Raggi e Chiara Appendino di ricandidarsi nel 2021 alle Comunali, nei fatti sarebbe il cavallo di Troia di Di Maio, Crimi, Fico e compagni per non disperdere l’esperienza accumulata nel corso di due legislature e candirsi per la terza volta. Al momento, però, i fari sono tutti puntati sul Campidoglio e su Palazzo civico, dove la data di “scadenza” è fissata per maggio 2021.
Raggi e Appendino hanno già fatto sapere a più riprese di pensare a un possibile mandato tris, scatenando le ire dell’ala ortodossa, fedele alle regole originarie di un movimento diventato grande proprio in contrapposizione al professionismo della politica. «Non posso che augurarmi che venga discusso in modo approfondito e poi votato sulla piattaforma Rousseau dagli iscritti», dice la sindaca di Torino, intervistata dal Fatto quotidiano, a proposito della possibile deroga invocata da più parti. «Di certo siamo cambiati molto rispetto a dieci anni fa, quindi è giusto che il M5S si interroghi su cosa fare da grande e su quale forma avere», aggiunge Appendino, convinta che alcuni cavalli di battaglia del passato siano ormai «superati».
Non solo «governando con il Pd stiamo portando a casa alcuni dei nostri temi», puntualizza la prima cittadina torinese, utilizzando parole lusinghiere con i potenziali alleati del futuro in Comune. Ma se i grillini discutono animatamente sul da farsi, il Pd ha già fatto sapere a più riprese di non essere intenzionato a sostenere eventuali ricandidature. A Torino come a Roma, dove Raggi non ha ancora superato nemmeno lo scoglio Roberta Lombardi, radicalmente contraria a toccare la regola dei due mandati. L’inquilina del Campidoglio cerca dunque sponsor pesanti per aggirare l’ostacolo. E nel giro di poche ore si è fatta immortalare in visita alla Farnesina, accolta dal ministro Luigi Di Maio, e a casa di Alessandro Di Battista, insieme a tutta la famiglia dell’ex parlamentare. «Una serata con un’amica speciale e coraggiosa», scrive Dibba a commento dello scatto casalingo pubblicato sui social. Per Virginia, un segnale inequivocabile recapitato agli avversari interni: la sindaca gode ancora del sostegno dei leader del Movimento, anche se al suo fianco potrebbe non esserci più in futuro Daniele Frongia, al momento non intenzionato a ricandidarsi.
Del resto, lo stesso capo politico Vito Crimi si è detto disponibile a rivedere lo Statuto per consentire alle sindache di ripresentarsi agli elettori, facendo storcere il naso a buona parte degli attivisti. L’argomento però ormai è sul tavolo e il senatore Emanuele Dessì si sente libero di dichiarare: «Per me ( quella dei due mandati, ndr) è una norma anacronistica che non ha più ragione di esistere. Va fatto un discorso sulla qualità: chi ha dimostrato di essere capace va avanti, chi non è all’altezza va a casa e dà il cambio».
Ma per confrontarsi con le urne non basta il parere del senatore Dessì, è indispensabile che gli ipotetici compagni di squadra abbiano la stessa opinione. E a Roma Pd e centrosinistra non sembrano reputare Raggi il Michelangelo che deve «terminare la decorazione della volta della Cappella Sistina» ( copyright Paolo Ferrara, consigliere M5S in Campidoglio). Anzi, non c’è occasione in cui i dem non puntino il dito contro i limiti dell’amministrazione capitolina, invocando, spesso e volentieri, le dimissioni della Giunta.
La sindaca, dal canto suo, prova ad apparire più simpatica all’elettorato di centrosinistra, facendosi portavoce di istanze simboliche care a una parte di opinione pubblica romana, come lo sgombero di CasaPound. Nelle ultime ore Raggi è tornata alla carica, chiedendo ai ministri dell’Economia e della Difesa lo sgombero dell’immobile occupato dai fascisti del terzo millennio, ma lo sforzo non sembra ancora sufficiente. Almeno a giudicare dalle parole di Carlo Calenda, leader di Azione, possibile alleato ( se non candidato) del centro sinistra nella Capitale. «La ricandidatura della Raggi la considero un film dell’orrore», dice l’ex ministro dello Sviluppo economico. «È stata il peggior sindaco di Roma. Se vogliamo completare la distruzione di Roma in stile Unni facciamolo», aggiunge Calenda, che poi smentisce le voci su una sua possibile discesa in campo: «Non mi candido, sono impegnato con Azione che sta salendo nei sondaggi», chiosa.
Insomma, ottenere il terzo mandato non basterà alle sindache per rimanere in sella.