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Rinviare lo scioglimento delle Camere di qualche settimana per consentire al Parlamento di votare lo ius soli. È questo l’ultimo disperato appello lanciato dai parlamentari della sinistra dem alla vigilia della probabile conclusione anticipata della XVII legislatura. A guidare la pattuglia degli irriducibili sono Luigi Manconi e Gianni Cuperlo, da sempre alfieri della cittadinanza per i figli degli stranieri residenti in Italia. «Ma chi l’ha detto, che si debba votare il 4 marzo?», si chiede il senatore Manconi. «Il Presidente Sergio Mattarella, non si è ancora pronunciato. È a lui che mi rivolgo, con il massimo rispetto ma anche con la fiducia che si deve a un galantuomo del quale è nota la rettitudine intellettuale e la sensibilità sociale». Il presidente della commissione Diritti umani è convinto che nulla sia ancora compromesso: bastano due settimane in più per trasformare in realtà una «normativa così equa e saggia», confida. Ma in caso di fallimento, le responsabilità andranno divise equamente tra le forze politiche di maggioranza e opposizione. «Attribuisco la colpa per un verso alla destra, che ha mobilitato la paura manipolandola e presentando questo provvedimento sacrosanto e saggio come una misura che puntasse ad attribuire la cittadinanza italiana a coloro che sbarcano quotidianamente sulle nostre coste, il che rappresenta un falso clamoroso», ammonisce il sentore dem, che subito dopo lancia una bordata al suo partito. «Per un altro verso al Pd, perché quei 29 senatori assenti dicono che il Pd non ci credeva abbastanza». Gli assenti di cui parla Manconi sono i senatori che il 23 dicembre scorso non hanno partecipato alla discussione sulle pregiudiziali, facendo mancare il numero legale e affossando di fatto il ddl. Una scelta politica «inequivocabile», sottolinea, «con tranquillità e dolore», il senatore eretico. «La cittadinanza di cui parliamo riguarda i bambini che nascono in Italia da genitori stranieri residenti regolarmente», precisa Manconi. «Il compito della politica deve essere quello di spiegare, motivare. Ben 6 Ministri dell’interno hanno sottoscritto un documento in cui si dice che la riforma della cittadinanza è un contributo prezioso alla sicurezza collettiva. L’epilogo di questa vicenda oscilla tra il grottesco e l’indegno».
Il presidente della commissione Diritti umani non è l’unico esponente della minoranza Pd a chiedere a Mattarella di concedere i “tempi supplementari” per approvare lo ius soli. Con Manconi si schiera Gianni Cuperlo, tra le figure più autorevoli della sinistra dem, che invoca un ultimo atto di responsabilità per congedarsi a testa alta dal Parlamento. «Non può e non deve finire così. Con una conclusione che mortifica le ragioni del diritto e della democrazia», dice Cuperlo. «L’ultima flebile speranza ancora resiste. Non lasciamola cadere».
L’appello della minoranza interna arriva probabilmente a tempo scaduto. Eppure sono in tanti ad accodarsi all’invito di Manconi in questi ultimi scampoli di 2017. Il renziano Roberto Cociancich, responsabile nazionale del dipartimento Cooperazione internazionale del Pd, è tra questi. «Perché non si è votato prima?», scrive sull’Huffington Post. «Perché bisognava approvare la legge di bilancio. Il rischio della mancata approvazione era concreto perché una parte delle forze politiche che costi- tuiscono la maggioranza ha dichiarato di non volere più lo ius soli, pur avendolo votato in prima lettura alla Camera». Il senatore renziano invita tutte le forze politiche a valutare con attenzione le conseguenze di un’eventuale negazione dei diritti di cittadinanza.
«Se guardiamo a ciò che è successo negli altri Paesi europei dove ci sono stati attentati terroristici vediamo che essi si sono verificati proprio laddove il processo di integrazione non si è compiuto, là dove sono state creati dei ghetti», argomenta Cociancich.
«Vogliamo seguire questi esempi? Chi oggi predica l’esclusione si rende corresponsabile dell’ingiustizia e della ribellione di domani. Questa legge è importante per il nostro futuro, è possibile, è giusta, è nel nostro interesse» . E la vicepresidente del Pd, Barbara Pollastrini, si rivolge direttamente ai vertici del suo partito, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, utilizzino la loro «autorevolezza per una buona causa».
I 5 Stelle, che il 23 dicembre scorso hanno disertato in massa il Senato, evitano di commentare. Chi promette le barricate, invece, è la destra, che con Salvini avverte: «Non ce la fanno, ma se ci provano, montiamo le tende in Parlamento e non li facciamo più uscire».