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Non è un compito facile quello del presidente Mattarella. È probabile che neppure lui si faccia troppe illusioni sulle qualità di questo governo e certo non gli sfugge quanto arduo sia andare avanti in un clima di discordia endemica, permanente anche se dissimulata, che non si limita affatto alla rissosità di Matteo Renzi, quanto pesi negativamente sul Paese il braccio di ferro quotidiano su ogni punto, dal Mes all'Ecobonus, dalla legge elettorale alle riforme che dovrebbero correggere una riforma costituzionale votata controvoglia da chi ne conosceva benissimo i limiti, tanto da bocciarla in tre votazioni prima di ingoiarla alla quarta.
Mattarella ha scelto una rotta, ha deciso cosa adoperare come bussola e si attiene alla decisione. Pur con tutti i suoi limiti un governo c'è e in una fase così travagliata deve bastare, perché nulla sarebbe peggio che il dover affrontare una pandemia e una crisi economica in una nave abbandonata a se stessa. Tutto il resto è fumoso, confuso, ipotetico, se non impossibile almeno improbabile. Un salto nel buio. Dunque il presidente fa quanto in suo potere, pur nei limiti del suo stile molto diverso e per certi versi opposto a quello del predecessore, per blindare il governo che c'è.
Orienta o prova ad orientare il corso delle cose senza mai forzare i limiti del mandato presidenziale, adoperando l'arma dello scioglimento delle camere a fronte di una crisi al buio ma anche esercitando una notevole anche se mai troppo esplicita moral suasion.
E' una linea che sin qui ha funzionato e ha permesso al Paese di affrontare comunque la pandemia con un governo e non nel caos. Ma è anche una linea non priva di costi. L'estrema centralizzazione a palazzo Chigi di tutti i processi decisionali denunciata da Renzi non è pura propaganda. E' quel che lamentano con maggior discrezione ma altrettanta irritazione sia il Pd che lo stesso M5S, almeno nella fazione vicina a Di Maio. Quella centralizzazione è all'origine dei malumori diffusi nella maggioranza, cresciuti in misura esponenziale nelle ultime settimane, ma anche delle disfunzionalità che Conte insiste nel negare pur essendo innegabili. La gestione della seconda ondata della pandemia è stata, per dirla in estremo understatement, molto insoddisfacente. I nodi irrisolti da prima della pandemia sono tutti o quasi ancora aggrovigliati. La disastrosa gestione della vaccinazione anti- influenzale non autorizza troppi ottimismi su un'impresa titanica come la vaccinazione di massa anti Covid. Chiacchiere a parte i progetti del Recovery Pln italiano sono fermi ai titoli e anche quelli, con appena 9 mld su 200 stanziati per la Sanità e 3 per il turismo, settore massacrato più di ogni altro dalla crisi, autorizzano oltre perplessità.
Anche di questo enorme limite Mattarella è consapevole. Ha suggerito più volte di coinvolgere maggiormente il Parlamento, mai ridotto a mera funzione di ratifica come negli ultimi mesi. Ha sostenuto la collegialità e spinto a favore di un vero chiarimento in gennaio. Però senza mai entrare davvero in campo, senza mai parlare in modo relativamente esplicito. Senza mai usare gli strumenti a sua disposizione, come il messaggio alle Camere. Senza adoperarsi personalmente per sbloccare il conflitto endemico nella maggioranza, che è il ruolo esageratamente accentratore di palazzo Chigi.
Il presidente si muove così perché questa è la sua visione del ruolo del capo dello Stato, ed è un bene che dopo la quasi monarchia di Giorgio Napolitano la funzione del Quirinale sia ricondotta sostanzialmente e non solo formalmente nei suoi limiti. Sarebbe normale e naturale che la funzione di riequilibrio dei ruoli nel governo se lo assumessero i partiti maggiori e in particolare quello più strutturato, cioè il Pd. Ma proprio la debolezza dei partiti, la loro incapacità di esercitare le funzioni proprie, è una delle principali origini dell'eterna crisi italiana. E infatti il Pd non riesce a svolgere quella funzione di riequilibrio e finisce per lasciare campo libero alle scorribande di Renzi.
In un quadro simile e in un momento di così estrema difficoltà, un ruolo più attivo del Colle, pur senza arrivare all'interventismo estremo di Napolitano, sarebbe forse provvidenziale.