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L'incontro del 5 novembre tra i leader dei partiti di maggioranza del Conte II era terminato con l'impegno a "lavorare tutti insieme avendo come orizzonte la fine della legislatura nel 2023. E allora, se si aprisse la crisi, tanto varrebbe andare a votare. Conte contro Salvini e ce la giochiamo". Così il ministro della Cultura Dario Franceschini in un'intervista al Corriere della Sera. In ogni caso, ora Matteo Renzi sarebbe determinante: "A lui non frega niente del Conte 3 o del Draghi 1": se si aprisse la crisi - secondo il dirigente dem - l’ex premier si porrebbe al crocevia di ogni scenario e farebbe "ballare tutti" tanto che il sistema "finirebbe nel pantano. Sarebbe allora preferibile andare alle urne con l’attuale sistema di voto", prevedendo coalizione composta da M5S, Pd, una lista di sinistra e una lista Conte", con Iv sarebbe fuori dalla squadra, "perché chi ha provocato la crisi poi non potrebbe pensare di stare con noi". Per Franceschini Conte "ha ancora una certa presa sull’opinione pubblica, si presenterebbe come la vittima di un complotto di Palazzo e potrebbe conquistare voti al centro, senza prenderne al Pd e a M5S. Perciò andrebbe sfruttato il suo valore aggiunto, perché potrebbe vincere". Per il ministro, una sfida alle urne "numericamente sarebbe una sfida bilanciata con il centrodestra. E poi Conte è nato con la camicia". L'esponente dem ha ribadito che "la verifica non è il rimpasto. Serve piuttosto a stabilire una linea politica, ad aggiornare il programma", mentre un puro rimpasto "teoricamente si potrebbe anche fare, ma poi non cambierebbe nulla, non avremmo la stabilità. Perciò la scelta non è tra un miglioramento della situazione e le elezioni. Ma tra un peggioramento della situazione e le elezioni. Quindi, in caso di crisi, sarebbe opportuno prendere la strada più lineare".