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«Ora vediamo che succede, non abbiamo ancora discusso della futura Giunta con gli alleati. Quando ci siederemo a un tavolo capiremo cosa fare». Elly Schlein per ora preferisce godersi la vittoria emiliana senza pensare ad altro. Sa di aver fatto un’impresa - prima degli eletti in Regione con “Coraggiosa” una lista autonoma dal Pd ma collegata a Bonaccini - ma prova a rimanere lucida nonostante i riflettori si siano accesi all’improvviso su di lei. «Sono su un treno, devo andare dalla Gruber stasera e voglio prepararmi bene», dice al telefono. Perché Elly Schlein è così: scrupolosa e attenta. Non improvvisa. E le 15.975 preferenze ottenute nel collegio di Bologna sono solo la conseguenza di un atteggiamento che ha convinto gli elettori. Per fare un paragone, basti pensare che il campione delle preferenze tra i dem, Raffaele Donini, assessore regionale uscente ed ex segretario bolognese del partito, si è fermato a 13.786 voti.
Per questo adesso tutti inseguono Schlein: Stefano Bonaccini per averla in Giunta e rafforzarsi a “sinistra”, Nichi Vendola e Nicola Fratoianni, che confidano in lei per risollevare le sorti di una sinistra disorientata, la parte di Articolo 1 allergica all’idea di un ritorno nel Pd. Lei prende tempo per riflettere, per non farsi tirare per non farsi tirare per la giacca e lascia aperte tutte le opzioni. Del resto la sua storia politica gira tutto attorno a queste tre anime della sinistra. Svizzera di nascita, bolognese d’adozione, nel 2013 si fa notare come leader di OccupyPd, il movimento di giovani dem nato in opposizione ai 101 franchi tiratori che impallinarono Romano Prodi al Quirinale. Civatiana, nel 2014 Elly si candida alle Europee e viene eletta con 53.681 preferenze.
A Bruxelles si impegna per la modifica del Trattato di Dublino sui ricollocamenti, denunciando l’assenza della Lega al tavolo dei negoziati. Mancanze che ha rinfacciato a Salvini fino agli ultimi giorni di campagna elettorale per le Regionali, quando si avvicina all’ex collega europarlamentare per chiedere spiegazioni, senza ricevere alcuna risposta. Nel 2015 la neo consigliera Schlein lascia il Pd per aderire a Possibile, il progetto politico nato dalla scissone di Pippo Civati, ma abbandona gli ex compagni quattro anni dopo, in polemica con la vocazione alla frammentazione dei gruppi politici alla sinistra dem. E rinuncia a ricandidarsi al Parlamento europeo, nonostante l’offerta di un posto in lista arrivata direttamente da Nicola Zingaretti.
E in questa danza tra le anime litigiose della sinistra italiana Elly Schlein si lancia in pista. Sceglie di ripartire dall’Emilia Romagna con un obiettivo: una lista ecologista e progressista alleata del Pd che unisse pezzi altrimenti sparpagliati. Al suo fianco, Vasco Errani, predecessore di Bonaccini sullo scranno più alto della Regione e senatore bersaniano. Risultato: scommessa vinta.
Ma il tempo degli entusiasmi potrebbe non durare molto, perché a breve Elly Schlein si troverà di fronte alla prima scelta difficile che potrebbe spaccare ancora una volta il fronte della sinistra: optare per il collegio di Bologna o quello di Reggio Emilia. La giovane consigliera regionale risulta infatti eletta in entrambe le province e la sua decisione peserà parecchio sugli equilibri tra le forze politiche che hanno animato la sua lista.
Perché se scegliesse Reggio, il secondo seggio scatterebbe per Igor Taruffi, consigliere uscente di Sinistra italiana eletto a Bologna con 5.198 voti. È il candidato per cui persino Francesco Guccini si è speso con un pubblico endorsement. Se optasse per Bologna, invece, verrebbe eletto il reggiano Federico Amico, presidente regionale dell’Arci molto vicino a Errani e ad Articolo 1, che domenica scorsa ha ottenuto 2.168 voti. Qualsiasi decisione per gli esclusi si trasformerà in una scelta di campo e l’effetto Elly potrebbe evaporare. La frammentazione della sinistra è sempre dietro l’angolo.