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Piero De Luca, deputato del Partito democratico
Piero De Luca, vicecapogruppo del pd alla Camera e responsabile della mozione Bonaccini nel Mezzogiorno, spiega che «occorre dare un ulteriore slancio politico al lavoro di opposizione ad un governo che non sta dando risposte ai problemi reali degli italiani» e dopo l’accordo di ieri sulle primarie aggiunge che «è finito il tempo di perderci in polemiche sterili e nocive sulle regole invece di dedicare impegno al confronto che interessa davvero i nostri militanti».
Sul futuro del partito è chiaro: «è in gioco l’esistenza stessa del partito, va detto chiaramente, rischiamo di diventare irrilevanti». E quindi «serve una scossa, una novità, non possiamo più permetterci un partito liquido o gassoso, dobbiamo piantarlo forte nel terreno accanto alle persone in carne ed ossa».
Onorevole De Luca, il Congresso del Pd sta per entrare nel vivo ma abbiamo assistito a giorni di tira e molla sulla possibilità di rinviare le primarie per non sovrapporsi con le Regionali, fino all’accordo di ieri sera: che ne pensa?
Penso che sia una proposta ragionevole. La richiesta del resto arriva dai territori, in particolare proprio quelli impegnati nel voto regionale a cui viene già chiesto uno sforzo importante di organizzazione. Ma non bisogna andare oltre. Dobbiamo cambiare passo, e dobbiamo farlo subito, per dare una guida al partito e un ulteriore slancio politico al lavoro di opposizione ad un governo che non sta dando risposte ai problemi reali degli italiani.
Altro tema che ha fatto discutere e non poco al Nazareno è la possibilità di voto online, con opinioni diverse tra i candidati sull’opportunità di rimanere con i vecchi metodi del voto di persona o su quella di esprimere la preferenza anche sul web. Questioni tecniche di poco conto o visioni differenti di partito?
Dico che è finito il tempo di perderci in polemiche sterili e nocive sulle regole invece di dedicare impegno al confronto che interessa davvero i nostri militanti. Quello sui contenuti, sui temi e sui programmi. Abbiamo regole procedurali chiare che non possono essere completamente ribaltate in corso a pochi giorni dal congresso, salvo difficoltà oggettive che non permettano il voto in presenza e che hanno portato a prevedere alcune limitate eccezioni. Sarebbe stato incomprensibile, del resto, cambiare all’improvviso in toto il fondamento della nostra partecipazione democratica. Impegniamoci piuttosto per recuperare l’energia del nostro popolo ai gazebo, in piazza, nel vivo delle nostre comunità che erano e devono tornare ad essere la nostra forza. Dobbiamo uscire dai salotti e dal mondo virtuale per ridurre quella distanza con la vita reale della gente che oggi ci percepisce lontani.
Ieri c’è stato un problema sul voto per le armi all’Ucraina, con voti corretti e astensioni inaspettate, ma su questo tema e su altre questioni di fondo, come il salario minimo, non ci sono grandi differenze tra candidati. Perché allora il sostegno a Bonaccini?
In Bonaccini coesistono un’idea di sinistra solidale, progressista e laburista, e la concretezza che deriva dalla sua capacità amministrativa. Da un mese gira i territori, sta tra la gente, ascolta e fa proposte. Un esempio? Una raccolta firme sul salario minimo e la tutela delle imprese sane, perché per redistribuire ricchezza occorre produrla. E un impegno forte sugli investimenti nella sanità pubblica, così come nello sviluppo sostenibile. Con una visione chiara di un’Europa democratica e solidale. Stefano è un vero riformista, con una vocazione maggioritaria, che intende portare il nostro partito ad essere davvero popolare, vicino ai problemi economici e sociali delle persone.
Oltre che da diversi esponenti dem, Lei compreso, Bonaccini è sostenuto da centinaia di sindaci. La sua è davvero una candidatura dal basso o finirà per essere stritolata dall’eterno gioco delle correnti?
Bonaccini non è un politico che si lascia impaludare dal risiko delle correnti. E ha ripetuto più volte che il partito va rinnovato in profondità dando voce e peso ai territori, superando vecchie logiche di gestione autoreferenziali poco attente alle competenze, alla militanza e al radicamento. Stefano realizzerà una svolta radicale nella classe dirigente, partendo proprio dalla forza che verrà dalla base della comunità dem.
In questi mesi il Pd è in calo e rischia di essere fagocitato dal M5S a sinistra e dal terzo polo al centro: può essere il Congresso un punto di svolta o per tornare agli antichi fasti serve molto di più?
È in gioco l’esistenza stessa del partito, va detto chiaramente, rischiamo di diventare irrilevanti. Abbiamo una grande responsabilità: nostro compito è rifondare e rilanciare il Partito democratico, non liquidarlo. E dobbiamo farlo non con restyling di facciata o soluzioni ispirate ad un vecchio modo di fare politica basato sul “tutto cambi affinché nulla cambi”. Dobbiamo ricostruire un rapporto di sintonia con l’Italia senza delegare ad altre forze politiche la rappresentanza di pezzi di società o di Paese. L’obiettivo è quello di tornare ad essere centrali, e non subalterni, nel campo del centrosinistra: protagonisti unici di un’alternativa vera e credibile a questa destra che sta producendo risultati disastrosi.
Cosa serve, in definitiva, al Pd per riprendersi da anni di lotte interne e tornare a parlare alla gente?
Serve una scossa, una novità. Non possiamo più permetterci un partito liquido o gassoso. Dobbiamo piantarlo forte nel terreno accanto alle persone in carne ed ossa. Una scossa forte che si basi sulla semplicità dei messaggi e dei contenuti. A partire dal linguaggio che deve essere più chiaro e vicino alle persone. Basta con slogan vuoti e privi di concretezza. Poi dobbiamo tornare tra la gente e con la gente.
In che modo?
Andando nelle piazze, nei circoli a parlare dei problemi reali, come quelli del lavoro, della perdita di potere di acquisto, del caro energia, della transizione ambientale, della scuola e della formazione dei giovani. Così come non dobbiamo abbandonare le imprese, che ci chiedono una radicale semplificazione amministrativa e burocratica per sostenere gli investimenti. Senza perdere di vista l’attenzione a quei valori di solidarietà e lotta alle diseguaglianze sociali e alle fragilità che sono la nostra stella polare. Con un’attenzione forte a ridurre le distanze rispetto ai diritti di cittadinanza, ai servizi e alle prestazioni essenziali tra Nord e Sud del Paese.