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«Serve cautela nella lettura dei dati Istat, ma attenzione al mercato del lavoro». Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro alla Camera e leader dell’area laburista del Pd, analizza l’attuale situazione economica, a partire dalle ultime rilevazioni dell’Istat, che hanno attestato una crescita del Pil che già nella prima metà dell’anno ha raggiunto l’ 1,2%
Il viceministro all’Economia, Enrico Morando, ha commentato il dato invitando alla cautela. Condivide la sua lettura?
La condivido al 50%: sono d’accordo sulla cautela, anche se la crescita c’è e sarebbe sbagliato non vederla perchè si tratta di un fatto positivo. Non dimentichiamo, però, che siamo i terzultimi in Europa e tra i 5 paesi che non hanno recuperato la situazione ante 2008. Il dato più inquietante, però, è un altro.
E quale sarebbe?
La nostra è una crescita jobless, ovvero senza occupazione. Per quanto Renzi si sbracci nel magnificare i suoi 1000 giorni di governo, il dato della disoccupazione italiana è 2 punti sopra la media europea.
In merito all’occupazione, da dove si parte per farla ripartire?
Io credo che il tema centrale sia quello dell’occupazione giovanile, e correttamente Morando la colloca come uno degli obiettivi del governo. Se l’Esecutivo dovesse decidere - come pare di spingere l’occupazione under 35 con incentivi strutturali che diminuiscano il costo del lavoro alle imprese che assumono a tempo indeterminato, troverebbe il mio totale appoggio. Finalmente si cambierebbe registro, abbandonando gli incentivi- spot dei tempi del jobs act.
Eppure anche quelli hanno contribuito ad aumentare il dato occupazionale.
E’ vero, ma hanno avuto un effetto controproducente, perchè nel 2015 la forte crescita dell’occupazione a tempo indeterminato è coincisa con i forti incentivi per poi crollare a partire dal 2016, in parallelo con il crollo degli incentivi stessi. Per questo una correzione di rotta sarebbe molto importante.
Eppure, lo riconosce anche lei, qualche spiraglio positivo c’è. A chi va il merito?
Non certo solo al governo Renzi. Anche al governo Gentiloni va riconosciuta parte del merito e io credo che la chiave di volta sia stata la scelta di Calenda relativa al superammortamento per l’acquisto dei macchinari, che è stato un toccasana per il settore industriale.
La crescita del Pil potrebbe avere un’influenza positiva per il Pd, su un piano elettorale?
Guardi, l’opinione pubblica è molto scettica di fronte ai dati dell’istat. Esiste una sorta di distanza tra le statistiche e la percezione della vita reale, anche a causa della mancanza di crescita occupazionale nonostante l’aumento del Pil, e in autunno purtroppo assisteremo a nuove ondate di licenziamenti: ci sono 150 tavoli di crisi. Del resto, troppo ottimismo sarebbe mal risposto: suggerisco che nella manovra di bilancio ci sia spazio per nuovi interventi sugli ammortizzatori sociali, per tutelare le persone a rischio licenziamento, soprattutto per gli over 50.
Gli stessi per i quali diventa impellente la questione pensionistica, definita da Morando «un capitolo chiuso».
Una chiusura brutale e sbagliata, perchè ciò che si è giustamente fatto con la scorsa legge di Bilancio con l’Ape sociale e volontaria e il cumulo gratuito dei contributi, non ha esaurito i problemi previdenziali. L’Ape sociale e la normativa per i precoci sono stati un successo, con 6mila domande in più rispetto alle 60mila previste, che devono essere soddisfatte.
L’età pensionabile si alzerà ulteriormente?
Sì, con un decreto amministrativo e senza passare dal Parlamento, probabilmente alla fine dell’anno. L’innalzamento, a partire dal 2019, sarà di 5 mesi, portando l’età a 67 anni. Una scelta che trovo contraddittoria, soprattutto alla luce del grande successo ottenuto dall’anticipo pensionistico e del fatto che lo stesso Mef, il ministero di cui Morando è viceministro, ha certificato nel Rapporto 2016 una diminuzione della speranza di vita nel 2015. Quindi, l’innalzamento dell’età pensionabile va rallentato. Ecco, di questo chiederemo conto al governo.