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«Abbiamo perso e ora dobbiamo riflettere sul fatto che una parte del mondo storicamente di sinistra ha abbandonato la sinistra». Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro alla Camera e leader di Sinistra Pd che ha sostenuto Orlando al congresso, commenta l’esito delle elezioni amministrative e il futuro del Pd, in attesa della convention di Pisapia.
Presidente, è stata una sconfitta, quella di queste elezioni amministrative?
Sì, perchè abbiamo perso alcune città determinanti e storiche, penso soprattutto a Genova, che da sole valgono una sconfitta. Non credo che si debbano dare letture in chiaroscuro, ma che vada fatta una riflessione profonda, come sarebbe naturale dopo elezioni amministrative di una certa importanza.
Quanto pesa questa sconfitta, in ottica delle future politiche?
Penso che questi voti, per quanto parziali, diano alcune indicazioni di carattere politico: è stato così per il referendum e vale anche per queste amministrative. Si tratta di segnali importanti da parte dell’elettorato, tant’è che sarebbe giusto convocare una Direzione tempestiva straordinaria, mentre invece mi pare che non si avverta questa esigenza
Anche in ottica delle future alleanze?
Sicuramente questo risultato ci interroga su quali alleanze si debbano stringere per le prossime politiche e sulla loro natura. Mi pare che, purtroppo, non ci sia più nulla di scontato o lineare. Si tratta ora di capire se il Pd è in grado di essere protagonista di un processo di aggregazione del centrosinistra.
Significa anche che Berlusconi è tornato l’avversario da battere e non il futuro alleato a cui guardare?
Per me non è mai stato un interlocutore con cui costruire alleanze. Il voto indica una ripresa di forza da parte del centrodestra e Berlusconi può anche ambire a vincere le prossime elezioni. Per noi, dunque, è oggettivamente un avversario, se ancora ci fossero dubbi.
Guardiamo al mondo di riferimento del Pd, che ha perso Genova, La Spezia, Pistoia, e cinque città in Emilia. Che cosa è successo?
Semplice, una parte del mondo di sinistra ci ha abbandonato, anche nelle città nelle quali si sono costituite alleanze progressiste. E’ evidente che gli ultimi anni hanno lasciato un segno e non sarà facile recuperare questo contatto con i nostri elettori, che hanno alimentato il voto dell’astensione. Lo possiamo fare solo avendo la pazienza di costruire programmi che recuperino contenuti e valori che abbiamo da troppo tempo dimenticato.
Lei crede che il suo partito, il Pd, sia ancora portatore delle istanze dell’elettorato di riferimento della sinistra?
Se lei mi chiede se il Pd è il partito dei lavoratori io le rispondo che, guardando i recenti flussi elettorali, possiamo dire che gli operai non votano più per il Pd. Questo è un problema che va riconosciuto.
Viene allora da chiederle se il Pd è ancora un partito di sinistra.
Io mi batto perché ci sia ancora un Pd di sinistra, ma non sempre il Governo Renzi ha fatto cose di sinistra. Togliere l’Imu sulla prima casa a tutti, per esempio, è stata una scelta che avrei lasciato volentieri a Berlusconi. Così come non ho apprezzato l’abolizione totale dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Lei andrà all’evento di Pisapia, che si propone proprio di rifondare la sinistra?
Ci vado, ma da iscritto al Pd.
E questo cosa significa?
Ho scelto di rimanere nel Pd perchè la mia battaglia, dall’interno, ha come obiettivo quello di spostare l’asse politico del partito verso sinistra. Accanto a questo, è evidente quanto sia importante costruire la condizione per avere una alleanza di un centro sinistra. Quindi andrò da Pisapia con spirito di ascolto, perché se l’obiettivo è ricostruire un campo di centrosinistra, Pisapia è la persona giusta.
Eppure la sinistra alternativa che guarda a Pisapia non vede nei propri orizzonti un’alleanza col Pd.
Pisapia è uno dei pochi che si muove con una logica non pregiudiziale. A sinistra del Pd c’è chi dice “uniamoci, ma mai con Renzi”; dentro al Pd c’è chi ribatte “uniamoci, ma mai con gli scissionisti”. Ecco, temo che ascoltando queste voci si vada a sbattere contro un muro. Pisapia sta provando a mediare.
E ci riuscirà secondo lei?
Non sarà una impresa facile, perchè anche nella sinistra che lui vorrebbe aggregare ci sono pareri contrastanti sulla rotta da seguire. L’assemblea del Brancaccio con i comitati per il No al referendum è stata, purtroppo, molto significativa: le critiche sono andate a Gotor, contestato dal pubblico, e allo stesso Pisapia, accusato di essere persona troppo vicina al Pd.
Il voto su Consip, però, ha mostrato proprio come Pd e Mdp non riescano ad andare insieme.
Se si vuole governare con un nuovo centrosinistra, bisognerà superare queste difficoltà. Non esiste alternativa. Su Consip, Mdp vive la contraddizione di voler rimanere in maggioranza e non far cadere il Governo, e nello stesso tempo di scegliere di votare con l’opposizione.
E Renzi che atteggiamento sta tenendo in tema di alleanze?
Renzi ha avuto un comportamento ambiguo sul tema. A me non è piaciuto molto il fatto che repentinamente abbia deciso di sostenere Pisapia, dopo il fallimento della riforma della legge elettorale, perchè è sembrato un tentativo di cambiare rotta di fronte a una nuova sconfitta. Con questi continui destra- sinistra corriamo il rischio di confondere il nostro elettorato.
E di fronte al bivio Pisapia- Berlusconi?
Le dico come la vedo io: una scelta di questo genere non ha solo carattere politico, ma soprattutto valoriale e identitario. Tant’è che ho chiesto in tempi non sospetti che, se ci trovassimo davanti a questo bivio, si faccia un referendum tra gli iscritti oppure un congresso straordinario. Ne va della natura del nostro partito.