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La Dc c’era riuscita, e ci aveva costruito sopra quarant’anni di stabilissimo potere. Poi ci hanno provato in tanti ma non ce l’ha fatta nessuno. Ora ci prova M5S e non è detto che non raggiunga l’ambita meta. Il miraggio è il catch- all- party, il partito pigliatutto che riesce a pescare in tutte le fasce sociali, a proporsi come rappresentante di interessi opposti e di ideologie politiche quasi antagoniste.
Luigi Di Maio è l’uomo giusto per una simile impresa. Ha quel taglio tutto democristiano necessario, la capacità di dire senza dire, di alludere senza impegnarsi, di mettere le cose in modo che tutti le possano interpretare come vorrebbero. Parla agli europeisti e agli anti- euro, galvanizza i sanculotti del XXI secolo senza spaventare l’aristocrazia moderna dei ricchi e dei privilegiati.
A Londra si è prodotto in un esercizio di alto equilibrismo, rifiutando le larghe intese, che taglierebbero fuori proprio il suo partito, ma promettendo ' collaborazione e dialogo' con tutti su singoli temi. E’ la stessa formula che gli consente in Italia di glissare sulle possibili alleanze postelettorali del movimento fondato da Grillo. A Londra, con gli occhiuti pezzi grossi della City, il rampante a cinque stelle avrebbe escluso dalla lista dei papabili collaboratori la Lega. In patria glissa sul veto e anzi, a porte chiuse, l’alleanza con il Carroccio è una delle principali opzioni prese in considerazione.
Sull’euro la musica non cambia. «Non è più il momento di uscirne perché l’asse franco- tedesco si è indebolito». Dunque niente più referendum che però resta «l’estrema ratio». Europa sì ma senza parametri: «Restare nei parametri non funziona.
Dobbiamo superarli e fare investimenti ad alto deficit, così c’è più gettito e si paga il deficit». Funambolico.
Nell’aprile scorso calamitati voti xenofobi o semplicemente spaventati da una trasformazione epocale postando: «Chi paga questi taxi del Mediterraneo», e spianando la strada alla guerra di Minniti contro le Ong. In campagna elettorale, con una bella fetta di elettorato già di sinistra che tituba proprio per quella definizione al fiele, sbianchetta: «Mai definite le Ong taxi del mare. Ho detto che si deve verificare se stanno salvando o traghettando». Come si faccia a salvare senza traghettare resta oscuro.
La nuova parola d’ordine è «competenza» e va detto che il colpo di genio stavolta è innegabile. La trovata di mettere in campo una sorta di governo «tecnico di esperti» c’azzecca zero con un’idea di governo, che comporta soprattutto scelte e impostazioni strategiche non perizia professionale, ma funziona alla grande per parare la campagna contro «gli incompetenti». Quella di M5S è quasi una strada obbligata per un partitomovimento che o riesce nell’impresa di pescare ovunque, in basso e in alto nella scala sociale, a destra e a sinistra sulle mappe ideologiche, o è destinato a scomparire.
Il segno che il gioco di prestigio, almeno per ora, stia riuscendo non è dato tanto dalle alte previsioni di consensi, che c’erano già cinque anni fa quando ancora si trattava solo di dare al rancore, ma anche all’urgenza di trasformazione, una rappresentanza. Il segno è piuttosto nella fila di professionisti, docenti, ' competenti' ecc. che corrono a invocare una candidatura nelle file di Di Maio e che riflettono una convergenza che è trasversale sia politicamente che socialmente.
La chiave del miracolo è l’odio per ' i politici'. Quel cavallo selvaggio che nessuno di quelli che hanno provato a rifondare un partito piglia- tutto poteva cavalcarlo. Erano troppo coinvolti, o lo erano stati e la Lega degli esordi, quella del Bossi ruggente, era troppo caratterizzata territorialmente per prendere davvero tutto. Le mancava metà del Paese e oltre.
Per Di Maio, ma anche per il ' puro' Di Battista, la fonte di ogni guaio è sempre e solo quella: una politica corrotta, disonesta, che i rappresentati li strizza e per il resto se ne frega. Mai una paroletta, nemmeno per caso, contro gli altri poteri che pesano molto più di una politica che alla fine è davvero ridotta a teatro. Mai il dubbio che nell’iniquità sociale, nella mancanza di lavoro, nell’impoverimento di massa c’azzecchi qualcun altro oltre ai politici maneggioni.
E’ il richiamo perfetto. Con la politica, in fondo chi è che non ce l’ha? Dal bar alle terrazze altolocate il punto d’incontro più immediato è sempre quello. Un po’ per vere responsabilità della politica stessa, un po’ perché come capro espiatorio non ce n’è di uguali.