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Voto di fiducia, bagarre al Senato
Finisce con la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, che ricorre all’assistenza video per verificare se i senatori Alfonso Ciampolillo, ex pentastellato ora al Misto, e Riccardo Nencini, Italia Viva- PSI, al momento della chiusura fossero ancora in tempo per esprimere il loro voto. Ammessi entrambi: due sì. Dopo dodici ore in Aula il Conte bis va avanti, senza la maggioranza assoluta di 161 voti garantita fino a ieri da Italia Viva, ma con un sostegno dei cosiddetti “volenterosi” che potrebbe aumentare nelle prossime settimane. I voti favorevoli sono 156, di fronte a 140 contrari e 16 astenuti.
Due i senatori di Forza Italia che votano a favore del governo, così come i tre senatori a vita Mario Monti, Liliana Segre ed Elena Cattaneo. È questo il sunto della giornata più lunga del secondo governo guidato dal presidente del Consiglio di Volturara Appula, prima a capo del primo governo populista della Repubblica, poi al vertice dell’alleanza giallorossa e ora a guida di un esecutivo che chiede aiuto a socialisti, liberali e popolari. La discussione a palazzo Madama si era aperta con un minuto di silenzio in ricordo di Emanuele Macaluso, storico dirigente del Partito comunista italiano morto ieri. E con l’applauso, commosso, di tutto l’emiciclo. Subito dopo c’è stata la comunicazione di Conte, con riferimenti evidenti allo strappo di Renzi, ben più forti di quelli ascoltati alla Camera anche perché pronunciati guardando negli occhi il senatore di Rignano sull’Arno. «In questi giorni ci sono state continue pretese su temi palesemente divisivi rispetto alle varie sensibilità delle forze di maggioranza - ha detto Conte - È complicato governare con chi dissemina mine nella maggioranza». E poi il consueto invito a «un appoggio limpido, trasparente, che si fondi sulla convinta adesione a un progetto politico». Quel richiamo ai volenterosi che tante trattative, chiaramente sottovoce, aveva fatto partire nei vicoli più stretti e silenziosi di Roma. Quelli della politica nostrana, tra Montecitorio e palazzo Madama.
Dopo la comunicazione di Conte sono stati 45 gli interventi che hanno animato la discussione in Senato, tra l’iniziale tentativo del “grande vecchio” Pier Ferdinando Casini di ricucire lo strappo tra Chigi e Italia Viva e gli attacchi pentastellati a «negazionismo, antiscientismo, sovranismo cieco e fanatismo oscurantista» . Poi è arrivato l’attacco di Renzi, atteso e prevedibile, ai banchi dell’esecutivo. L’ex presidente del Consiglio si è difeso dall’accusa di aver aperto una crisi di governo in piena pandemia senza tuttavia far emergere le reti intenzioni di voto. Tanto che attorno alle 19, per alcuni minuti, è sembrato che Italia Viva potesse votare no piuttosto che astenersi, come poi invece confermato dall’ex ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova. «Mi sarei aspettato da lei un grande sogno per il futuro del Paese - ha detto Renzi rivolgendosi a Conte - Lei ha avuto paura di salire al Quirinale il giorno dopo le dimissioni delle ministre di Iv non perché sia utile al Paese, ma perché ha scelto un arrocco istituzionale».
Il pomeriggio è scorso rapido fino alle repliche dell’inquilino di palazzo Chigi, che ha accusato Italia Viva di aver «bloccato il Recovery Plan» rifiutando il confronto collegiale. «A un certo punto avete scelto la strada dell'aggressione e degli attacchi mediatici - ha detto Conte - La rispettiamo ma possiamo dire che forse non è la scelta migliore negli interessi del Paese?». E così come si era aperta, la discussione si chiude con un’altra standing ovation, stavolta per Paolo Borsellino, ricordato da Conte nell’ 81° anniversario dalla nascita. Poi le dichiarazioni di voto, con il capogruppo dem Andrea Marcucci che invita i parlamentari di Italia Viva eletti con il Pd a «riflettere su dove è giusto andare» e il leader della Lega, Matteo Salvini, che sfora i tempi e attacca i senatori a vita. Infine, il voto e la moviola. Il Conte bis, azzoppato, per ora va avanti.