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Rompere con l’Europa, strillare contro Parigi e Berlino, battere il pugno per farsi rispettare, far circolare minacce di imminenti elezioni. E poi, a rapporto al Colle sul Consiglio europeo in agenda per l’indomani e nel quale l’Italia è sul banco degli imputati, far scena muta.
Bisogna partire da qui, dai vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini che tacciono alla presenza del capo dello Stato, salvo poi scatenarsi in notturna di fatto impedendo una congrua risposta alla lettera con la quale Bruxelles annuncia all’Italia una procedura d’infrazione, per provare a capire non tanto quel che può succedere, ma quel che sta accadendo.
La lettera infine è poi partita, destinatario Juncker, a poche ore dall’inizio del Consiglio europeo e scritta in italiano: come mettere a segno due scortesie con un gesto solo. Una lettera “politica” di 6 pagine, nella quale si muove dal Secondo Dopoguerra, si plana sul solenne impegno “l’Italia rispetterà i propri obblighi con l’Europa” ( il contrario di quel che Salvini ripete) e soprattutto si avanzano critiche alla Ue che misconosce la solidarietà in nome del rigorismo.
Una lettera nella quale si cita solo cosa l’Italia intende fare per il bilancio in corso. Insomma, si scrive a Juncker per lamentarsi di politiche che son state attuate dai 28 capi di Stato e di governo che compongono il Consiglio europeo ( l’esecutivo di fatto che guida l’Europa). E si tratta la procedura per debito come fosse un’infrazione del deficit: scrive infatti Conte che l’Italia “per il 2020 intende conseguire un miglioramento di 0,2 punti percentuali nel saldo strutturale di bilancio” ( criterio Ue tra l’altro che solo il giorno prima Salvini e Di Maio strillavano di voler abolire). Ulteriori dati, mette per iscritto Conte, “verranno forniti nelle sedi competenti”.
La procedura che invece si minaccia per l’Italia non riguarda i conti dell’anno ( e peraltro quei 2 miliardi son già dati per scontati da Bruxelles nella Legge di Bilancio 2019 varata a dicembre 2018), bensì lo stock del debito che sin qui l’Italia ha accumulato, per il semplice fatto che esso non accenna a scemare né l’Italia si è mostrata capace di attivare politiche per la crescita, l’unica cosa capace di avviare nel tempo un meccanismo di neutralizzazione del debito.
Cosa comportino le procedure - sarebbe il primo nella storia dell’Uese l’infrazione per debito venisse davvero comminata i Trattati lo spiegano bene: un piano di rientro sotto stretta sorveglianza di Bruxelles pari a 1/ 20 del Pil all’anno, fino al raggiungimento del rapporto debito/ Pil al 60 per cento ( attualmente siamo al 134): il Pil dell’Italia viaggia sui 2mila miliardi all’anno, e il conto è presto fatto, si tratterebbe di 100 miliardi all’anno.
Un’Italia di fatto commissariata, e per un periodo lunghissimo, come ha ricordato nei giorni scorsi Jean Claude Juncker. Gli “obblighi”, come giustamente li chiama Conte, dell’Italia son questi. Né vale pensare alle elezioni anticipate come una scorciatoia: gli obblighi li sottoscrivono i governi, ma ne risponde il Paese chiunque sia al governo.
Dunque, una parziale spiegazione dei toni alti, ma poco congrui, della lettera di Conte alla Ue si trova pure in questo: l’enormità delle conseguenze di una procedura per debito. Possibile, si dice, che una Commissione per giunta uscente voglia proprio questo? Intanto la Commissione è sì uscente, ma nel pieno dei propri poteri, tanto che sarà in funzione sino all’inizio del percorso della Legge di Stabilità per il 2020. Poi, questo il punto, forse la Commissione Juncker è oggi meno condiscendente con un’Italia internazionalmente isolata come unico grande Paese a conduzione populista- sovranista, al quale durante il suo mandato ha dato infinita flessibilità sui conti, pari a 30 miliardi in tutto.
Ma il punto, nella mancanza che la lettera di Conte presenta di agganci fattuali e capaci di aprire una vera trattativa con Bruxelles, è forse un altro: proprio quella mancanza consente di percorrere una trattativa a tutto campo.
Anche usando lo scambio con i governi per l’appoggio a questa o quella nomina per i cinque top- mons della Ue. A patto che non se ne parli troppo. Permettendo a Salvini e Di Maio di strepitare contro la nuova “perfida Albione”, di additare in pubblico il nemico di Bruxelles, mentre Conte e Tria - sotto la sorveglianza e anche l’ala del Collecercano di limitare i danni per il Paese.
Del resto, anche guardandola con gli occhi di chi come Di Maio è in calo verticale di consensi o con quelli di chi come Salvini è al contrario al massimo storico di consensi, come sarebbe possibile diversamente? Più strillano, più vorrà forse dire che han ceduto davanti alla realtà. Infatti, con l’Europa le trattative sono cominciate. Su come andranno, meglio allacciare le cinture di sicurezza.