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I manifesti della campagna elettorale costano molto e garantiscono meno visibilità, la comunicazione online o meglio su ogni tipo di social media è gratuita e può rivolgersi simultaneamente ad un bacino di milioni di utenti. A pensarci bene è questo il primo risultato evidente a pochi giorni dall’apertura delle urne. Le plance elettorali che negli anni scorsi hanno popolato i marciapiedi di città grandi e piccole sembrano essere scomparse e rimangono spesso intonse o coperte a malapena da qualche manifesto strappato. Certo nessun partito ha rinunciato a mostrare le facce dei candidati ma il paragone con il passato è impietoso.A Roma, ad esempio, il Comune ha messo ha disposizione poco più di trecento plance distribuite per lo più sulle grandi arterie, ma rimangono lì quasi a simboleggiare un simulacro di una politica di altri tempi. [embed]https://youtu.be/AFvXD3Wnkns[/embed] Gli slogan viaggiano su Facebook, twitter, instagram o Youtube, dove trovano posto anche gli spot che erano appannaggio della televisione.Risultati alla mano il cambio di modalità comunicativa sembra pagare. Lo spot del Pd più famoso e parodiato, quello della famiglia per intenderci, ha totalizzato oltre 20mila visualizzazioni in soli due giorni dalla sua diffusione. La spiegazione di Silvio Berlusconi su come votare, 200mila click nella prima settimana. Neanche a parlarne per quanto riguarda il M5S che proprio della rete ha sempre fatto la sua forza. E così tra slogan singolari, incisivi, geniali o puerili tutto viene convogliato verso il tasto “condividi” per aumentare la visibilità. In tutto questo però sembra mancare un elemento fondamentale: le persone, gli elettori. Cosa pensano infatti i cittadini della comunicazione politica? A giudicare dai dibattiti in rete sembra che il confronto di idee sia acceso e partecipato ma se si cerca il contatto vero non virtuale le cose cambiano. Basta cercare un buon punto di osservazione.«La comunicazione fa schifo» dice una ragazza che cerca di coprirsi dal freddo abbattutosi sulla capitale e che non vuole farsi intervistare. E’ in attesa di un autobus in uno dei capolinea della capitale . Sulle fiancate delle vetture ancora resistono i cartelloni di propaganda. Girano per tutta la città e sono visibili. E mentre i mezzi sostano si notano per forza. Però se si fa qualche domanda, si chiede un’impressione, la voglia di parlare è poca.Un’altra signora prona sul suo cellulare commenta che: «non vedo pubblicità. Nessun tipo di pubblicità». La sensazione è quella che ci sia grande disinteresse e che i messaggi siano un po’ imperscrutabili. E così davanti ad uno Zingaretti del Pd, abbracciato a diverse persone con lo slogan “Avanti tutti”, una donna perplessa dice che la foto gli fa pensare «ad una famiglia». Una dimensione minimale che non è scalfita neanche dalla propaganda della Lombardi dei Cinque stelle sul cui cartellone campeggia la scritta “Diritti”. E’ l’unica cosa che si vede bene ma nessuno sembra capire a cosa si riferisca effettivamente.Così tra la fretta della vita metropolitana e forse l’assuefazione a qualsiasi tipo di comunicazione le persone non mostrano opinioni approfondite o forse se le tengono ben nascoste. Il distacco dalla politica è anche questo e probabilmente vince a mani basse su qualsiasi propaganda. Mentre parte l’ennesimo autobus se ne va anche l’ultima faccia di chi vuol farsi votare.