La gestione dei migranti in Albania continua a essere al centro del dibattito politico italiano. Le recenti indiscrezioni sull'ipotesi di trasformare i centri di accoglienza in strutture per il rimpatrio stanno sollevando critiche e perplessità da parte delle opposizioni, mentre il governo difende il proprio operato e attende sviluppi giuridici a livello europeo.

Le critiche dell'opposizione

Secondo Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera, il governo sarebbe intenzionato a riempire i centri in Albania a ogni costo per dimostrare che il piano sta funzionando. «Ormai quei centri in Albania vanno riempiti a tutti i costi, di migranti intendo, bisogna fingere che la cosa funzioni per davvero, dopo che Giorgia Meloni ha annunciato che vuoi o non vuoi “funzioneranno”. E quindi cosa fanno i geni al governo? Pensano di trasformare i centri pensati per le procedure d'ingresso e la prima accoglienza degli sbarcati, in Cpr, centri per i rimpatri, quindi con migranti che hanno già in tasca il decreto di espulsione».

Francesco Boccia, presidente dei senatori del Partito Democratico, definisce il nuovo decreto una "follia istituzionale" volta a coprire il fallimento della strategia adottata: «Leggiamo dell'intenzione del governo di varare un altro decreto per giustificare i centri per i migranti costruiti in Albania. Se non fossimo alla tragedia saremmo al ridicolo e alla pazzia. Prima si lancia in pompa magna un progetto costato centinaia di milioni e ora, visto che quel progetto di deportazione è fallito, si cambia la destinazione d'uso dei centri per poterli giustificare».

Anche Alfonso Colucci del Movimento 5 Stelle attacca duramente l'operato del governo: «Prosegue il valzer dei decreti legge del governo Meloni sull'Albania nel disperato tentativo di dare un senso al colossale spreco di 1 miliardo di euro dei cittadini italiani. La notizia di queste ore è quella di un nuovo provvedimento in cantiere che sancirebbe, finalmente, l'ammissione da parte del governo del totale fallimento del piano tanto propagandato per mesi».

La posizione del governo e dell'UE

Da parte dell'esecutivo si invita alla cautela e si attende l'esito delle valutazioni giuridiche in corso. Il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto ha sottolineato la necessità di attendere la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea, prevista per il 25 febbraio, prima di prendere qualsiasi decisione definitiva. «Bisogna aspettare, secondo me, la sentenza della Corte di giustizia della Ue del 25 febbraio e le pronunce della Cassazione rispetto alle impugnative dei provvedimenti dei giudici di merito».

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, pur non fornendo dettagli, ha confermato che il governo intende proseguire il lavoro avviato con il protocollo Italia-Albania: «Vedremo, andiamo avanti, non lasceremo il lavoro in Albania».

A livello europeo, la Commissione mantiene un atteggiamento neutrale, come dichiarato dal portavoce Markus Lammert: «Come abbiamo già detto in passato, la Commissione europea è in contatto costante con le autorità italiane e stiamo monitorando l'attuazione del protocollo Italia-Albania». Tuttavia, Bruxelles non commenta le discussioni in corso a livello nazionale.

Il contesto migratorio e le preoccupazioni per il futuro

Il dibattito sulla gestione dei migranti in Albania si inserisce in un contesto più ampio, segnato dall'aumento dei flussi migratori verso l'Italia. Una recente relazione del Copasir ha evidenziato che circa 700mila migranti irregolari si trovano attualmente in Libia, pronti a partire. «L'Italia è crocevia, nel Mediterraneo, di flussi migratori provenienti dall'Est e dall'Africa e il fenomeno migratorio è strettamente connesso con la situazione di insicurezza e di conflittualità di molti territori».