Addio tra gli insulti, Cerno: «Il Pd mi chiedeva il pizzo», i dem querelano
Il senatore eletto a Milano e passato con Italia Viva ha corretto il tiro: "Mi scuso per il termine", ma i dem confermano l'azione legale e insorgono: "Totale mancanza di rispetto per la comunità che ha contribuito a eleggerlo"
Si chiude con insulti (da parte sua) e querele (da parte dei dem), il burrascoso rapporto tra il senatore Tommaso Cerno e il Pd milanese. Lui, che due giorni fa ha annunciato il passaggio al gruppo di Italia Viva, non ha rinunciato all'addio ad effetto, con una intervista a Un giorno da pecora in cui ha detto che «Il Pd di Milano ritiene che io debba dire quello che dice Sala, ma che soldi devo dare? Io non sono iscritto al Pd, non faccio parte del Pd. Sono stato eletto con il Pd, ma cosa c’entra questo? Si chiama strozzinaggio, si chiama pizzo, mi han chiesto il pizzo», riferendosi ai contribuiti economici che ogni eletto versa al partito. Poi ha attaccato frontalmente la segretaria del Pd milanese, Silvia Roggiani, definendola «una che faceva la portaborse dell’europarlamentare Patrizia Toia». Infine, ha definito il Conte 2 «Un governo ridicolo, un governo di cialtroni». Immediata a reazione dei dem milanesi, che si sono subito stretti intorno alla segretaria, la quale ha annunciato di voler scegliere le vie legali. «È davvero grave che lui, paracadutato nel collegio più sicuro di Milano e dunque eletto grazie agli sforzi organizzativi e anche economici del Pd, si permetta ora di calunniare un’intera comunità». Cerno, ex direttore dell'Espresso, è stato infatti eletto nel collegio super sicuro di Milano 1, "paracadutato" - come si dice in gergo per intendere chi non proviene dal territorio nel quale viene candidato - per volontà della segreteria allora renziana. Sul tema è intervenuto anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, il quale ha espresso il suo sostegno a Roggiani ma ha aggiunto: «Ricordate quando dicevo: "Evitiamo candidati alle politiche che usano Milano come un autobus per farsi eleggere"? Ecco, il comportamento del senatore Cerno dimostra che i miei timori erano fondati. Avanti Silvia Roggiani».
"Cerno ridicolo"
«Tommaso Cerno esce dal Pd come ci è transitato: con totale mancanza di rispetto per la comunità che ha contribuito a eleggerlo. Le indegne affermazioni con cui motiva la sua uscita dal Pd tradiscono gli elettori che gli hanno dato fiducia, votandolo come candidato di un Partito che oggi lui svilisce e insulta, con pochi argomenti politici e molta strumentalizzazione». Lo scrivono in una nota congiunta i parlamentari del Pd Lia Quartapelle, Emanuele Fiano, Simona Malpezzi, Tommaso Nannicini, Franco Mirabelli, Barbara Pollastrini e l’eurodeputato Pierfrancesco Majorino. «Proprio perchè privo di argomenti politici - aggiungono - Cerno motiva la sua uscita con accuse offensive alla Federazione che ha contribuito a eleggerlo e alla sua segretaria, Silvia Roggiani. È ridicolo tingere di persecuzione politica la richiesta, fattagli dalla Federazione e da lui sottoscritta al momento dell’accettazione della candidatura, di contribuire alle spese della Federazione. Si tratta di un impegno preso da tutti noi eletti a Milano, che siamo ben felici di onorare perchè la buona politica costa e richiede anche questo tipo di impegni». «Il pizzo si paga ai mafiosi. Se può,il senatore Tommaso Cerno chieda scusa. Al Pd milanese, alla sua giovane segretaria e magari anche a se stesso», ha aggiunto Barbara Pollastrini. La deputata milanese dem aggiunge che «Il fatto che un giornalista nonchè senatore non si renda conto della gravità delle proprie parole - conclude -fa capire quanto il limite della serietà e della decenza sia stato oltrepassato». «Le parole di Cerno sulla segretaria Silvia Roggiani e sul Pd milanese sono ignobili calunnie, che rispediamo al mittente. Il senatore dimentica che è stato eletto proprio grazie all’impegno della nostra comunità, che ora insulta. Anche ciò che ha detto di un governo che Renzi ha voluto e di cui Iv fa ancora parte è molto grave. Gli auguriamo buon lavoro». Lo dice il senatore Franco Mirabelli, vicepresidente del gruppo Pd, eletto a Milano. «Il senatore Cerno ha tutta la legittimità di fare le scelte politiche che ritiene (e io di criticarlo come perle sue posizioni sulla Tav che tradiscono il sentimento presente nel territorio in cui è stato eletto). Ma certamente non ha alcun diritto di rivolgersi verso il Pd milanese e la sua segretaria Silvia Roggiani con parole infamanti e inaccettabili, per cui spero verrà querelato», ha scritto Pietro Bussolati, della segreteria Pd.«Sarebbe bene che i suoi nuovi colleghi di Partito milanesi prendano le distanze dalle sue affermazioni che negano i risultati che -insieme - abbiamo raggiunto nella nostra città, primo fra tutti il rispetto per le persone al di là di pensarla diversamente».
Cerno fa dietrofront
Dopo 24 ore di polemiche, Cerno ha scelto di fare una parziale marcia indietro: «Come richiesto da Valeria Fedeli, miscuso con il Pd per avere usato il termine "pizzo" in riferimento ai soldi richiesti per poter parlare in dissenso dal partito», dice Tommaso Cerno.«In effetti - riprende il senatore Iv - si tratta di una tassa, in quanto casualmente la richiesta arriva con le mie dichiarazioni. Rimane curioso notare come il Pd milanese abbia ridicolizzato la mia posizione, poche ore prima che l’alleanza Pd-M5s fosse saldata».
Chi è Tommaso Cerno
Nato a Udine nel 1975, Tommaso Cerno è stato dirigente nazionale dell'Arcigay e giornalista. Si è occupato di diritti civili, discriminazioni e da sempre sostiene i movimenti No Tav. Nel 2016 è diventato direttore dell'Espresso e nel 2017 condirettore di Repubblica, tre mesi più tardi si è messo in aspettativa per candidarsi alle elezioni del marzo 2018 con il Pd. Già nel 2019 erano nati i dissidi con la federazione milanese del Pd: lo scorso luglio, il Pd di Milano aveva dato mandato ai suoi avvocati di recuperare i mancati versamenti di Cerno che, da eletto, non aveva effettuato. Anche in quel caso, la reazione di Cerno era stata forte, ritenendo che l'azione legale fosse stata intentata perchè lui aveva annunciato di votare coi 5 Stelle la mozione No Tav: «Dichiarazioni fascistoidi, davanti alla libertà di pensiero tu, Pd, mi imponi una tassa, mi chiedi soldi per poter parlare. Comunque neanche Renzi o Zingaretti sono intervenuti quindi il discorso vale per tutti: se la libertà di pensiero si esercita in questo modo non so per quanto potrò restare nel gruppo, li invito a domandarsi cosa sono diventati, se è ancora il Pd fondato da Veltroni».