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Il tribunale collegiale di Bologna ha ritenuto inammissibile il reclamo presentato dal ministero dell’Interno contro l’ordinanza del sindaco di Bologna Virginio Merola, che aveva imposto al Comune di iscrivere all’anagrafe una richiedente asilo di origine armena, difesa dagli avvocati Antonio Mumolo e Paola Pizzi dell’Associazione Avvocato di strada, nonostante le indicazioni contrarie del Viminale.
In particolare, il ministero dell’Interno riteneva di essere legittimato a proporre reclamo in quanto litisconsorte necessario e di potersi sostituire al sindaco, che aveva deciso di non proporre reclamo ed aveva invece già iscritto all’anagrafe la signora richiedente asilo. Il Tribunale di Bologna ha invece stabilito che il Viminale non è litisconsorte necessario e non può proporre reclamo, non essendosi presentato nella prima fase del giudizio, inoltre non ha il potere di sostituirsi al sindaco, se lo stesso decide di accettare la decisione del Tribunale.
Il contraddittorio è stato instaurato con il sindaco e «il ministero non è stato parte, neppure quale interveniente, nel giudizio di primo grado. Sicché difetta la legittimazione ad impugnare» da parte del Viminale. Ancora una volta, sottolineano gli avvocati Mumolo e Pizzi, «un Tribunale afferma che anche il ministero dell’Interno è soggetto alla legge. È una vittoria del diritto in tempi bui per la nostra democrazia».
Soddisfatto anche il sindaco di Bologna. «Un’ulteriore conferma della correttezza del mio operato quando ho deciso di applicare, con soddisfazione, la sentenza che mi ordinava di iscrivere i richiedenti asilo all’anagrafe ha scritto su Facebook Andiamo avanti con la serenità di chi rispetta la legge e non si arrende alla propaganda», ha poi concluso.
Ma la decisione ha subito scatenato le ire del capo del Viminale, Matteo Salvini, che ha commentato duramente la decisione, invocando subito una riforma della Giustizia.
«Dai giudici di Bologna altra sentenza a favore degli immigrati, nonostante il ricorso del mio ministero - ha commentato il vicepremier - Il prossimo governo dovrà fare una vera riforma della Giustizia, non viviamo in una “Repubblica giudiziaria”».