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Federica Mondani, legale della famiglia Cesaroni
L’indagine sull’omicidio di Simonetta Cesaroni “si può riaprire in qualsiasi momento ma a questo punto serve un segnale dalla Procura che in questi ultimi anni però non è arrivato”: a dirlo è l’avvocato Federica Mondani, legale della famiglia della ragazza uccisa 30 anni fa in via Poma. Oggi la madre e la sorella chiedono che venga fatta finalmente luce.
Avvocato, avete delle nuove piste da segnalare alla Procura di Roma?
La parte civile può senz’altro essere di sostegno e supporto alla Procura; ma è un caso talmente complesso che si dovrà riprendere il fascicolo e rianalizzare tutto nuovamente riga per riga.
Quali sono i dubbi che non sono stati ancora sgombrati?
Ci sono tanti aspetti che potrebbero essere ancora approfonditi e si potrebbe reinvestigare oggi in maniera accurata su alcune strade che non sono state percorse in questi anni.
Per nuove strade lei intende persone comunque presenti nel fascicolo o dobbiamo guardare altrove?
Bisogna riaprire il fascicolo e rianalizzarlo e valutare le eventuali responsabilità di personaggi fino ad ora coinvolti in maniera meno diretta.
Vanacore è morto, Raniero Busco è stato assolto in maniera definitiva, Federico Valle anche è uscito di scena. Chi rimane?
La pista è dentro il fascicolo.
Alla luce delle nuove tecniche investigative ci sono dei reperti che potrebbero essere rianalizzati?
Senz’altro. Come avvenuto già per il processo conclusosi in Cassazione, un tentativo si può senza dubbio fare.
Secondo lei qualcosa non ha funzionato nelle indagini?
Un po’ di errori sono stati commessi perché non c’era la cultura di mantenere la scena del crimine intatta e conservarla come si fa adesso: c’è stata dell’approssimazione, degli inquinamenti evidentemente involontari di prove.
Negli anni era spuntata anche la pista dei servizi segreti che avrebbero avuto un ufficio nello stesso palazzo.
Il coinvolgimento dei servizi è stato scartato. La strada più plausibile è quella di una persona vicino a Simonetta.
Dopo 30 anni è difficile rintracciare il colpevole, lo dicono le statistiche criminologiche. Forse l’uomo potrebbe essere addirittura morto.
La famiglia non perde la speranza, ha fiducia nelle istituzioni e spera che questo trentennale possa essere utile a risollecitare la procura a riaprire il caso.