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Tocca ancora una volta a noi Radicali occuparci di vicende scomode, come quando, insieme a Marco Pannella e ad altre 150 persone, facemmo uno sciopero della fame per denunciare le condizioni di salute di Bernardo Provenzano - ormai morente ed incapace di intendere e di volere - detenuto in regime di 41- bis, il cosiddetto “carcere duro” previsto dall'ordinamento penitenziario. Nel caso del capo mafia la “giustizia” arrivò a due anni di distanza dalla sua morte, grazie alla Corte EDU che giudicò “inumano e degradante” il rinnovo del 41- bis nel 2016, poco prima della sua morte.Il caso di oggi riguarda sempre un detenuto al 41- bis, ma in attesa di giudizio, giudizio che quando arriverà, con altissime probabilità, non lo troverà più in vita. Si tratta di Antonio Tomaselli, per le cronache giudiziarie reggente della famiglia Santapaola- Ercolano, invischiato in diverse inchieste e già in passato condannato per associazione mafiosa. Preciso che Tomaselli non è imputato, né mai lo è stato in passato, per fatti di sangue e che la condanna massima che riceverà ( se la riceverà all'esito del processo), non potrà superare i dieci anni.Nel luglio del 2017 a Tomaselli viene diagnosticato un tumore inoperabile al IV stadio al polmone destro, al polmone sinistro e al surrene. Speranza di vita: tre anni. All'epoca era ancora in libertà e aveva iniziato le indispensabili terapie presso l'ospedale “Garibaldi” di Catania. L' 11 novembre 2017 viene arrestato e condotto nel carcere di Catania- Bicocca in quanto di lì a tre giorni era prevista una Tac presso l'ospedale della città. Fatta la Tac, che confermava l'avanzamento inesorabile della malattia, Tomaselli viene tradotto a 1.500 chilometri di distanza, nel carcere di Tolmezzo, dove i sanitari stabiliscono di non poterlo curare. Così, da Tolmezzo lo trasportano nel carcere di Torino e anche lì i sanitari si dichiarano impossibilitati a seguire un malato in quelle condizioni. Nel frattempo, i periti del tribunale di Catania comunicano che il Tomaselli doveva essere trasferito a Messina, in quanto malato oncologico terminale residente e in cura presso l'ospedale di Catania. Invece, accade che il detenuto viene tradotto nel carcere di Milano- Opera perché il governo aveva intanto firmato il decreto che gli infliggeva il 41- bis.I familiari e i difensori,gli avvocati Eugenio Minniti e Giorgio Antoci, non si danno pace e documentano come i controlli, i monitoraggi e le cure per il loro congiunto e assistito, in qualsiasi carcere sia stato, non sono effettuati secondo i protocolli e che per una persona in quelle condizioni né il carcere né tanto meno il regime speciale del 41- bis possono consentirgli un'assistenza adeguata. Non c'è niente da fare: sia il tribunale del riesame sia la Cassazione sentenziano che “le condizioni di salute in cui versa il Tomaselli non risultano modificate in peggio malgrado la gravissima malattia da cui l’indagato è affetto”, e che, quindi, è compatibile con la detenzione al carcere duro.Devo dirlo: siamo di fronte ad uno Stato che non si fa scrupolo di segregare in isolamento un malato terminale sofferente e con una speranza di vita ormai non superiore ad un anno. Uno Stato torturatore che mostra un volto peggiore dei criminali che afferma di voler combattere. Da brividi.