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Oggi sarà la volta di Sorrento: il movimento delle sardine arriva nella città campana polemicamente al seguito di Matteo Salvini. Dopo Bologna e Modena, dunque, la terza prova della piazza per i ragazzi e le ragazze che, smartphone in mano e Bella Ciao da mandare a memoria, hanno acceso la protesta contro il leader della Lega, la sua politica, la sua visione di Paese.
Energia nuova a sinistra, l’inizio della riscossa, la speranza e il segno che il mondo progressista attendeva da anni? Presto per dirlo, ma certamente quelle piazze e le prossime che vedremo pongono più interrogativi al Partito democratico e alle forze di sinistra che a Matteo Salvini. L’ex premier può, come sta facendo, limitarsi a commentare quella mobilitazione con l’ironia dei gattini leghisti pronti a banchettare a sardine o accusare i dem di nascondersi dietro la faccia pulita dei quattro studenti che hanno acceso il movimento. In fondo quello non è il suo mondo, non lo avrebbe votato e quelle piazze pochi voti toglieranno alla sua Lega.
Le piazze di Bologna, Modena, Sorrento e poi magari Roma, Milano e Torino, invece, pongono al Partito democratico almeno tre questioni. La prima: perché il PD non ha captato il fermento che c’era in una fascia popolazione, la voglia di mobilitarsi che quei ragazzi hanno saputo cogliere e organizzare? E poi perché quei ragazzi, nemmeno nella rossa Bologna, hanno avuto la voglia di bussare a un circolo del Partito democratico per dire: “Ci siamo. Vogliamo dare una mano. A noi Salvini non piace, vediamo il rischio di un cedimento politico e culturale al sovranismo e siamo qui per unire le nostre forze alle vostre”.
E, infine, perché quegli stessi ragazzi che nelle prossime settimane puntano a riempire le piazze delle città italiane non perdono l’occasione per dire ai dem e agli altri partiti della sinistra di non presentarsi con i propri simboli? Interrogativi che ci restituiscono l’immagine di un mondo, quello dei partiti del centrosinistra, che ha progressivamente perso il contatto con il suo elettorato, ha scelto di chiudersi nel fortino protetto dei palazzi romani, coltivando la cultura di governo e della responsabilità istituzionale, smarrendo contemporaneamente la propria anima popolare.
Se questi sono gli interrogativi alla galassia dei partiti della sinistra spetta il compito di trovare un modo di porsi davanti al movimento delle sardine. Cavalcarlo significherebbe stringerlo in un abbraccio mortale, sposarlo acriticamente equivarrebbe a farsi travolgere abdicando al ruolo di guida politica che spetta ai partiti. Ignorarlo un errore fatale. In pieno ’ 68 il segretario del Partito comunista italiano, Luigi Longo, invitò a Botteghe Oscure i leader del movimento studentesco, un passo importante che, nel lungo periodo, consentì a quei due mondi di confrontarsi, sì dialetticamente ma, allo stesso tempo, proficuamente. Tirar fuori dal cassetto della storia della sinistra quell’esempio – pur nella consapevolezza di una distanza temporale e politica abissale con quella stagione – potrebbe essere utile per entrambi.
Ma dalle sardine arriva anche un altro messaggio al Partito democratico: quanto fate al governo non è sufficiente per dare corpo e sostanza a quella discontinuità che un pezzo di Paese aveva immaginato e sperato dopo la folle estate della politica italiana e dal punto di vista politico non è abbastanza forte il messaggio alternativo al salvinismo sovranista. È, in altre parole, una richiesta di coraggio.
Ma su questo Zingaretti ha iniziato a rispondere. E lo ha fatto sempre da Bologna. L’assemblea dem organizzata da Cuperlo ha consegnato, per restare alla metafora ittica, il secondo pesce del 2019: il salmone. Nicola Zingaretti ha iniziato, infatti, a far risalire la corrente al Pd per far ritrovare al partito la propria anima, la propria identità, i propri valori. Lo ha fatto con quel coraggio indirettamente invocato dalle sardine parlando di ius culturae, di necessità di cambiare i decreti sicurezza e, con Andrea Orlando, provando a riaprire un confronto sul capitalismo e sui guasti della Terza Via. Il salmone, si sa, per risalire la corrente compie uno sforzo immane, superiore alle proprie forze, lo fa a prezzo della sua stessa vita. Ma lo fa per le uova, per il futuro del suo mondo.