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Francesco Paolo Sisto, viceministro alla Giustizia
«Spiace sentire una persona del calibro di Carlo Cottarelli pronunciare giudizi del genere: come si può non comprendere i veri e propri drammi che hanno reso necessario il percorso dell’equo compenso?». Francesco Paolo Sisto è chiamato direttamente in causa dalle parole velenose, venate persino di disprezzo per i professionisti, che il senatore dem diffonde via twitter.
È chiamato in causa perché lui, il viceministro della Giustizia, si è impegnato con una tenacia orientale nell’accompagnare l’iter della legge sui compensi professionali, fino a farle scudo dai tentativi di riaprire il vaso di pandora con ulteriori modifiche.
Ma quindi la libera professione è ancora percepita come un’oasi del privilegio? Il vostro governo metterà fine una volta per tutte all’equivoco?
Il mondo delle libere professioni è profondamente cambiato. L’espressione “bisogno”, se non “stato di necessità”, compare sempre più di frequente sugli schermi di chi punta sulle proprie capacità per conquistare il mercato. Di questa realtà, e non di paradigmi ormai obsoleti, la politica deve necessariamente tenere conto.
E quindi l’equo compenso può essere considerata la prima di una sequenza di misure a favore dei professionisti?
È innegabile che la figura del professionista, oggi, in una generale revisione dei ruoli, costituisca la garanzia dei percorsi di legalità. In altri termini, sulla scia dello schema definito per la composizione negoziata della crisi, lo Stato diventa partner dell’impresa, purché la stessa segua trasparenti e virtuosi percorsi di legalità, e il professionista diventa custode e garante di tali percorsi. Ecco: in questa prospettiva il recupero dell’attenzione verso le professioni significa scrivere importanti pagine nell’interesse del tessuto connettivo del Paese.
Invece Cottarelli parla di lobby che portano via il pane a chi ne avrebbe davvero bisogno...
Non comprendere i drammi che hanno necessitato il percorso dell’equo compenso si colloca fra un atteggiamento di ingiustificato sospetto e il tentativo di delegittimare non una casta, ma decine di migliaia di professionisti, soprattutto giovani, che hanno diritto a essere decorosamente retribuiti.
Cottarelli tra l’altro sceglie proprio “l’avvocato” come bersaglio preferenziale: è la conseguenza delle campagne di delegittimazione verso il difensore distorto, nella vulgata, come complice dell’assistito?
Di certo stupisce l’inaccettabile convergenza sulla classe forense, quasi che l’avvocato abbia più colpe di tutti gli altri professionisti. Si tratta di un lapsus freudiano che lascia trasparire con ogni probabilità la confusione sul diritto di difesa come sinonimo di una qualche corresponsabilità col proprio assistito. E mi lasci aggiungere una cosa.
Dica pure.
Spiace che certe prese di posizione provengano da chi, munito di indubbie competenze, ha avuto il compito, sia pure in tempi non recenti, di offrire soluzioni utili per difendere l’economia nel nostro paese.