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L’articolo 92 della Costituzione stabilisce che «il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri». Significa che chi riceve l’incarico ha ampia autonomia nella scelta dei ministri, ovviamente concordati con le forze politiche di maggioranza. E che ancor più ampia autonomia ha il capo dello Stato sia nello scegliere il presidente del Consiglio che nel nominare i titolari di dicastero. L’anomalia - non l’unica, peraltro - nella trattative per la formazione del governo M5S- Pd è che si procede al contrario. Che Conte debba succedere a sè stesso non è in discussione. Mentre ci si accapiglia sul o sui vicepremier e sui ministri. Conte, che si è guadagnato consenso unanime in queste settimane, dovrebbe rivendicare prerogative che sono costituzionali. E men che mai Pd e M5S dovrebbero scalfire quelle del Quirinale. Questo solo per cominciare col passo giusto un’avventura molto contrastata.
La realtà è che non bisogna lasciarsi ingannare. Salvini, Zingaretti e Di Maio, ciascuno con lo stile che gli è proprio, fanno a gara per mostrare solidità e tenuta. In realtà si tratta di tre leadership in ambasce, costrette a giocare fuori ruolo, seguendo un copione opposto a quello voluto. Il capo della Lega ha provocato la crisi ma ( almeno finora) non ha saputo gestirla né, soprattutto, chiuderla. Di Maio è dimezzato dall’emorragia di voti del MoVimento e dall’essere l’uomo del Contratto con Salvini che ora è costretto a dialogare con l’avversario di sempre, il Pd: l’unica strategia che ha è alzare continuamente il prezzo. Zingaretti deve muoversi su un solco tracciato da Renzi, sapendo di non avere le spalle coperte. Se l’operazione governo giallorosso prende il largo, il senatore di Rignano se ne intesterà il dividendo politico. Se fallisce, Zinga non potrà dire io non c’ero. E poi c’è una specificità critica sull’esecutivo che deve nascere. Al di là dei “tavoli”, i programmi M5S e Pd divergono su tutto. Il governo giallorosso non potrà godere delle condizioni favorevoli del precedente con Salvini e Di Maio che hanno potuto essere sia maggioranza che opposizione. Stavolta Lega, FdI e Fi cannoneggeranno un secondo dopo il giuramento. E allora o la maggioranza sarà coesa davvero ( non solo sulle poltrone...) oppure assai presto si squaglierà. E l’eterogenesi dei fini - la voglia di “sgonfiare” Salvini riapparirà più forte che mai. A torso nudo e con bermuda sgargianti.