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Ci sono volute neanche un paio d’ore, ieri mattina, per emettere la sentenza definitiva: Marcello De Vito è un truffatore, un corrotto, un tangentaro ed è finito nel posto dove è giusto che stia: in prigione. Ci resti!
La Corte che si era riunita appena informata dell’arresto, era costituita da un drappello cospicuo e potente di giornalisti e da alcuni politici. In particolare dai politici dei 5 Stelle che hanno immediatamente espulso il reprobo dal partito, o dal movimento, o dalla piattaforma Rousseau, non so bene, e hanno deciso che la sua colpevolezza è fuori discussione.
Non c’è stato bisogno neppure di riunire i probiviri. L'espulsione è stata decretata da Di Maio. Povero De Vito, processato e condannato in due ore, dai suoi e dai giornalisti.
Mi ricordo che nel vecchio partito comunista, quello decrepito e stalinista, per espellere qualcuno occorrevano mesi. : riunioni in sezione, poi in federazione e se era deputato o dirigente nazionale ancora riunioni del comitato centrale ( anzi della commissione centrale di controllo che era una specie di collegio dei probiviri). I candidati all’espulsione venivano convocati, interrogati, si difendevano. Nessuno aveva il potere personale di espellere, neppure Berlinguer, o prima ancora Longo o Togliatti. Era un partito stalinista ma non monarchico. Tantomeno lo erano la Dc o il Psi. La novità del M5S sta proprio in questo: nella struttura monarchica del movimento.
Il problema però non è solo di procedure. E’ di sostanza, di rispetto dei principi della democrazia e della Costituzione. Noi per ora sappiamo soltanto che alcuni Pm e un Gip hanno deciso di indagare De Vito per reati di corruzione abbastanza gravi, e sappiamo che i Pm hanno in mano alcune intercettazioni, e che di queste intercettazioni hanno fornito qualche brandello alla stampa e che però, francamente, questo brandello non sembra davvero prova inoppugnabile di colpevolezza.
Ma allora perché Di Maio ha espulso De Vito? Le possibilità sono due: o sa qualcosa che noi non sappiamo, cioè è convinto per ragioni non dette che De Vito sia colpevole, e già era convinto di questo prima dell’arresto, ma allora forse avrebbe dovuto intervenire prima. Oppure ha un'idea vaghissima di cosa sia la giustizia. E anche - va detto una idea altalenante: perché Virginia Raggi, che fu inquisita e rinviata a giudizio e poi assolta, al momento dell’avviso di garanzia non fu espulsa dal movimento, ma anzi invitata a restare sindaca. Fu una scelta giusta? Certo che fu una scelta giusta, giustissima e sacrosanta, e lo sarebbe stata anche se la Raggi fosse stata poi condannata; solo che quella scelta ebbe un difetto: il difetto di essere e restare una scelta isolata. I 5 Stelle decidono - sembrerebbe - dimissioni ed espulsioni a seconda delle convenienze del momento.
E infatti proprio non si capisce caso De Vito a parte - come i 5 Stelle possano avere chiesto, l’altra sera, le dimissioni di Zingaretti sulla base di una voce di iscrizione all'ufficio degli indagati per finanziamento illecito. Naturalmente, quando si valuta la politica, bisogna dare per scontata, e accettare, una certa dose di faziosità e di propagandismo. Ma la richiesta di dimissioni di Zingaretti va molto oltre questa dose. E una richiesta surreale.
A questo proposito è giusto registrare, finalmente, una presa di posizione garantista da parte del Pd. In passato non è stato sempre così. Io penso che non sia stata garantista nemmeno, proprio ieri, la decisione di votare per l'autorizzazione a procedere contro Salvini. Un partito garantista davvero non doveva dare quella autorizzazione. Un partito garantista si oppone alle invasioni di campo della magistratura che ci sono, sono frequenti, sono devastanti, mettono in discussione l’autonomia della politica e quindi la sua libertà.
Però la novità c’è: per la prima volta i principali partiti dell’opposizione, e cioè il Pd e Forza Italia, decidono di non speculare sull'arresto di un avversario politico e di non utilizzare a proprio favore le iniziative della magistratura. Tacciono ( al massimo sorridono un po’ visto che appena qualche giorno fa il 5 Stelle Giarrusso agitava contro di loro polsi ammanettati) e spiegano che la giustizia avrà i suoi tempi, che dovrà accertare, provare, rendere conto, e che De Vito dovrà e potrà difendersi. Complimenti.
Naturalmente è difficile sperare che questo atteggiamento, profondamente e seriamente liberale, si riproduca automaticamente nello schieramento opposto, e cioè lambisca e contagi il M5S o la Lega. Però la novità c’è. E se verrà confermata, cambierà comunque i rapporti tra la politica e la magistratura, perchè, almeno in parte, smonterà il potere che una parte della magistratura ha usato fin qui: e cioè la possibilità di trovare sempre una sponda politica nello schieramento opposto a quello del quale fa parte l’inquisito. Così è nata e ha vinto “mani pulite”, così è dilagato il populismo giudiziario.
Se le opposizioni di destra e sinistra fanno muro, anche gli altri partiti - gli attuali partiti governativi - dovranno rivedere alcune loro posizioni, perchè tutto il circo politico giudiziario rischia di saltare, e il giustizialismo rischia di non portare più il consenso che ora, ancora, garantisce come rendita di posizione.