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«Non siano lontani. Non siamo così diversi, sulla giustizia. Lo dimostrano i fatti. Gli obiettivi che sono condivisi: innanzitutto dare rigore e credibilità al sistema. Nessuno di noi ha voglia d’incrociare l’espressione sconcertata dei parenti di vittime i cui carnefici se ne vanno tranquillamente in piazza». Jacopo Morrone non è un ottimista a prescindere. È un pragmatico. E vede anche — non solo — il bicchiere mezzo pieno: «Penso al codice rosso, alla legge che ha abolito l’abbreviato sui reati da ergastolo: tutti provvedimenti che abbiamo già approvato, noi insieme con i 5 Stelle. Se gli obiettivi sono comuni, raggiungeremo un punto d’intesa anche sulla riforma della giustizia penale». Ma nel suo pragmatismo il sottosegretario alla Giustizia ed esponente del Carroccio non ha alcun imbarazzo a ricordare: «La nuova prescrizione e la riforma del processo penale devono restare vincolate. È una questione di metodo, l’una non può fare a meno dell’altra».
Andiamo con ordine, sottosegretario Morrone. Lo stop al ddl Bonafede non dimostra che sulla giustizia siete incompatibili?
Affatto, lo ripeto. Se abbiamo gli stessi obiettivi, innanzitutto la credibilità della giustizia, anche rispetto a provvedi-men-ti come il testo “droga zero” preparato dalla Lega, non vedo perché dobbiamo considerarci incompatibili. Mi riferisco anche ad altre misure in cantiere come l’equo compenso per i professionisti. Tutti argomenti sui quali siamo d’accordo. Sul processo penale è chiaro che serve un ulteriore approfondimento.
E da dove si comincia?
Parliamo di una delega ampia, molto: dal processo civile al penale all’ordinamento giudiziario, alle porte girevoli tra magistratura e politica. Non è possibile concludere una cosa del genere in tempi stretti.
Ci vorranno ancora mesi?
Dobbiamo arrivare a una sintesi. Ci sono temi che ci dividono, certo, come la separazione delle carriere, a cui noi siamo favorevoli e il Movimento 5 Stelle no. Noi abbiamo una posizione più garantista rispetto alla durata di un giudizio penale, che non può vedere una persona intrappolata per decenni. D’altronde dubito che su questo si possa non essere d’accordo.
Non siete d’accordo sugli strumenti per evitare quell’abominio.
E secondo lei trovare gli strumenti giusti è una questioncella banale? Ecco perché chiediamo un ulteriore confronto.
Le sanzioni disciplinari per giudici e pm “lenti” vi convincono?
Faccio una premessa: innanzitutto vanno rafforzati gli organici. Degli amministrativi e dei magistrati. I giudici devono innanzitutto essere messi nelle condizioni di far bene il loro lavoro. Poi c’è l’altra faccia della medaglia: non si capisce perché in alcuni Tribunali ci si impieghi un anno per definire un grado di giudizio mentre in altri ne servano dieci.
È la questine posta anche da Violante in un’intervista al Mattino.
È giusto verificare in tutti gli uffici se i magistrati svolgono in modo adeguato la loro funzione. E per tornare alla sua domanda precedente, è chiaro che se la norma che prevede sanzioni disciplinari per i giudici troppo tardivi nel definire le cause è subordinata all’ipotesi che gli sforamenti superino il 30 per cento dei fascicoli loro assegnati, e poi si deve stabilire se il carico di lavoro fosse sostenibile o troppo pesante... Be’, certo se le norme sono impostate in questo modo è chiaro che si trovano le scappatoie, e alla fine non incidono.
E cos’altro si può fare per ridurre i tempi?
Una cosa legata a quanto le ho appena detto e di cui credo sia semplice comprendere l’utilità: prevedere che negli uffici giudiziari vi sia anche un manager. Una figura anche non togata in grado di verificare con imparzialità cosa funziona e cosa non funziona. Ad esempio, il motivo per cui certe cause non vanno avanti. È chiaro che alcune meritano particolare attenzione e approfondimento, ma tutti gli equilibri saltano nel momento i cui ci sono magistrati che lavorano troppo e altri che lavorano meno. Consultiamo magistrati e avvocati, anche su aspetti del genere.
Come vanno riformate le intercettazioni?
È uno dei punti su cui siamo divisi. I trojan sono preziosissimni nel momento in cui aiutano a sconfiggere la mafia o a stanare i pedofili. Diventano però pericolosi se infrangono inutilmente la privacy. Pensiamo anche alle famiglie che rischiano di essere travolte da notizie su adulteri che certo non interessano alla giustizia. Abbiamo verificato come su questo vi sia consapevolezza e attenzione anche da parte dei giornalisti.
Secondo avvocati e Anm l’estensione del patteggiamento abbatterebbe i tempi dei processi, ma su questo è la Lega ad essere contraria.
Discutiamo di tutto. Ma guardiamo all’aspetto pratico delle questioni. Dobbiamo fare in modo che la giustizia appaia ai cittadini seria, che la pena sia certa. Noi abbiamo chiesto di rivedere anche la sospensione condizionale: un conto sono i reati colposi, altro è il caso di chi deliberatamente approfitta della libertà per delinquere ancora. Così come siamo convinti sia meglio edificare nuove carceri anziché dribblare il sovraffollamento con qualche misura che svuoti i penitenziari. La pena va fatta scontare in modo che il condannato sia recuperato.
Poniamo che l’ulteriore approfondimento impedisca di approvare la riforma penale entro il 31 dicembre: in tal caso votereste una norma che sospenda l’entrata in vigore della nuova prescrizione?
Prescrizione e riforma del processo sono legate, è ovvio che lo siano. C’è un patto fra gentiluomini stipulato da Lega e 5 Stelle. Non a caso, perché le riforme, inclusa la prescrizione, funzionano se sono inserite in un impianto complessivo. Se non ho termini certi rischio che tanti imprenditori vedano la loro vita rovinata per colpa dello stato. Ci auguriamo che si possa essere rinviati a giudizio solo se colpevoli, ma sappiamo che non è così. Ecco perché i due provvedimenti, riforma penale e prescrizione, vanno legati. È una necessità determinata proprio dai meccanismi del processo.
Riuscirete a far andare avanti due interventi attesi dal mondo forense come l’avvocato in Costituzione e l’equo compenso?
Mi sono impegnato nel tavolo sull’equo compenso: se non si stabilisce che dev’esserci un’adeguata retribuzione per l’attività svolta da un avvocato e da ogni altro professionista, tanti studi chiuderanno e andrà perduto un grande patrimonio di competenze. Sono stato il primo ad assumere l’iniziativa per la convocazione del tavolo con le rappresentanze di tutte le categorie, dagli avvocati agli ingegneri e ai giornalisti, ora c’è anche il ministro Bonafede a seguirlo e non può farmi che piacere. Possiamo condividere tutti i provvedimenti ma quello che conta è e rimane il metodo, che deve essere basato sull’approfondimento, sul confronto e sulla condivisione. Anche per evitare di essere bersagliati dalle critiche a giochi fatti.