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Qualche giorno fa il nostro Ministro degli Esteri è andato a Bruxelles per esporre ai partner dell’Unione Europea, un progetto per la gestione delle migrazioni. Il nostro Ministro degli Interni, da parte sua, ha invece scelto di non andare alleriunioni organizzate su questo tema.
Il Generale De Gaulle, decise di disertare le riunione dei Capi di Stato della allora Comunità Europea dal 1965 al 1966, con una politica che viene chiamata della “chaise vide”.
Si trattava anche allora di una tecnica negoziale, di un modo per far pesare la posizione della Francia. Ma chi la attuava era Charles De Gaulle, e lo faceva a nome di uno dei due stati più importanti nell’organizzazione europea. Oggi le migrazioni rappresentano un tema cruciale nella politica di tutti gli stati europei, e di molti paesi del mondo. Che si ritenga trattarsi di un problema reale, oppure di un tema molto amplificato dall’azione dei media ( soprattutto dei social media) il trattamento e la gestione delle migrazioni rappresentano uno dei tema chiave del futuro politico dell’Italia e dell’Unione.
Il dibattito su cosa fare occupa quasi tutti i giorni la stampa e i talk show televisivi. E anche se le posizioni sembrano diametralmente diverse, tutti sembrano d’accordo nel sostenere che l’Italia non può farsi carico del problema da sola, e che una politica ed una visione coerente dell’Europa è certamente essenziale.
Fermare l’immigrazione è uno slogan parecchio utilizzato, ma sembra che i provvedimenti adottati finora da molti stati, Italia compresa, abbiano soltanto ottenuto l’effetto di limitare modestamente il fenomeno, ma soprattutto di mutare le tecniche di attraversamento dei confini, sia quelli terrestri, che quelli marittimi.
Il dibattito sulla natura del fenomeno e sulle tecniche di gestione, occuperà ancora a lungo politici ed esperti. Quello che è ancora più importante oggi, è come organizzare e gestire questo dibattito perché possa portare a soluzioni praticabili e condivise. E non c’è altro modo se non un serio negoziato fra i paesi membri dell’unione, il negoziato che il Ministro Moavero Milanesi potrebbe avere aperto con il suo progetto.
Approvare o rigettare i suoi contenuti non è il punto importante: è invece essenziale avere aperto un negoziato, ed averlo fatto non con slogan o frasi ad effetto, ma con un programma redatto da esperti, sulla base di una strategia politica.
Sembra quasi ovvio, ma chiunque abbia partecipato a negoziati di qualunque tipo, dai contratti commerciali ai grandi accordi fra stati, sa che per giungere a un qualsiasi consenso occorre un piano, un draft, articolato e dettagliato che proponga una soluzione a tutte le tematiche in questione, e nessun negoziato si è mai terminato con un si o con un no, ma ha proceduto con tempo e pazienza all’esame di tutti i punti sensibili in modo che tutti i partecipanti assumessero una responsabilità precisa su ciascun punto in questione, giungendo a faticosi compromessi che saranno tanto più efficaci quanto più potranno essere interpretati come la vittoria di tutti e non la sconfitta di qualcuno.
Il nostro Ministro degli Esteri, è stato uno dei più alti funzionari della Commissione Europea e ha partecipato a centinaia di negoziati tecnici e politici. Sa bene che occorre non solo una visione politica ma anche una squadra di professionisti in grado di lavorare pazientemente nell’ombra per raggiungere risultati reali. Michel Barnier, il negoziatore dell’accordo sulla Brexit, ha seguito questo percorso, tipico della metodologia delle cancellerie europee e, che piaccia o no a Boris Johnson il risultato c’è stato, e temo che sarà molto difficile per il nuovo governo inglese modificare quello che i negoziatori della Brexit hanno faticosamente conseguito in molti mesi di lavoro.
Quando il venditore di tappeti del suk vede che il suo cliente esce dal negozio, lo insegue abbassando il prezzo del tappeto. E’ una tecnica millenaria che ha sempre funzionato, ma ci vuole un bellissimo tappeto e un venditore capace e professionale.