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«Questo governo sarà popolare se prenderà ispirazione dallo stile dei sindaci: pragmatico e vicino ai cittadini». E con lo stesso pragmatismo Matteo Ricci, sindaco dem di Pesaro e vicepresidente dell’Anci, auspica che il suo partito e i 5 Stelle possano trovare convergenze anche in vista delle prossime elezioni regionali, «trovando accordi su temi comuni, come scuola, politiche sociali, ambiente e sanità».
Quindi questo esordio del governo giallorosso la convince...
Concretamente, credo che nelle linee guida degli accordi di governo e nel primo discorso del premier Conte ci siano delle novità positive.
Per esempio?
Per esempio ho apprezzato che il tema dell’autonomia differenziata sarà affrontato con più equilibrio rispetto a quello che voleva fare la Lega, il cui approccio rischiava di spaccare in due il Paese, con regioni di serie A e regioni di serie B. Spero anche che si possa abbinare l’autonomia alla riforma complessiva delle Regioni e alla ripresa seria del tema delle provincie. Inoltre, torna in agenda la rigenerazione urbana, spingendo sull’efficientamento energetico, sulla trasformazione del costruito e la riqualificazione delle periferie. Riprenderanno anche i processi aggregativi dal basso dei comuni e ci sarà un impegno forte sulle aree interne e montane. Insomma, sono sicuro che con il ministro Francesco Boccia si potrà aprire un ragionamento nuovo.
Da sindaco, che sensazioni ha raccolto dai cittadini rispetto al nuovo governo?
Anzitutto sollievo, perchè Salvini non è più al governo in un ruolo delicato come il ministero dell’Interno. Sono onesto, non vedo entusiasmo intorno al governo giallorosso, ma registro una discreta aspettativa.
Nata l’alleanza a livello nazionale tra Pd e 5 Stelle, sono maturi i tempi per una convergenza anche sui territori?
Guardi, penso che siano i 5 Stelle a dover decidere da che parte stare in vista delle regionali, per un motivo di carattere strettamente politico.
In che senso?
Nel 2013 e nel 2018 hanno provato a scardinare il sistema politico italiano, sostenendo che la destra e la sinistra non esistessero più. In realtà, a ovunque a livello locale la partita è rimasta tra destra e sinistra: alle elezioni regionali e amministrative, i 5 Stelle non hanno toccato palla da nessuna parte. La situazione è rimasta la stessa anche oggi. Non vogliamo più parlare di coalizioni di destra e sinistra? Chiamiamole coalizione riformista contro sovranista, europeista contro populista, ma sostanzialmente il risultato è sempre lo stesso: i 5 Stelle rimangono fuori dai giochi.
Ed è un motivo sufficiente per allearsi col Pd?
I 5 Stelle hanno fatto l’esperienza negativa di governo con la Lega, ora proveranno quella con il Pd. Questo comporterà necessariamente una scelta. Anche perchè lo ripeto: alle regionali non sono competitivi in alcuna regione. Se vogliono incidere nei governi dei territori devono decidere da che parte stare.
Da amministratore locale, il Pd è pronto a lavorare per questa alleanza anche nelle regioni?
Noi dobbiamo lavorare costantemente per costruire alleanze regionali, anche per una ragione di legge elettorale. Alle regionali, infatti, non c’è il doppio turno in cui fare eventuali patti successivi, ma si vince a maggioranza relativa. Per questo bisogna incalzare i 5 Stelle per trovare punti programmatici comuni: penso a sanità, ambiente, lavoro, scuola, politiche sociali. Non penso che su questi temi sia difficile trovare punti di incontro e bisogna farlo attivamente, in particolare per le regionali prima ancora che per le amministrative.
Teme il dilagare della Lega annunciato da Salvini?
Mi piacerebbe far notare a Salvini che alle ultime amministrative, nonostante la netta avanzata della Lega, il voto ha favorito sindaci popolari e antipopulisti come a Modena, Reggio Emilia, Pesaro e molte altre città. Più il voto è locale, più i cittadini scelgono le persone sulla base delle loro capacità di governo del territorio e non sull’ideologia politica. Alle regionali, invece, il passaggio è più delicato.
Calabria, Emilia Romagna e Umbria: sono questi appuntamenti che la preoccupano?
Alle regionali il voto è per metà politico e per metà territoriale. Inoltre, come dicevo, si vince a maggioranza relativa perchè non c’è il doppio turno. A queste condizioni il centrodestra unito è oggettivamente molto competitivo, quindi è fondamentale trovare un accordo politico o fare un patto di desistenza coi 5 Stelle.
Il centrosinistra unito non basta?
Credo sia chiaro che, in questa fase politica, il centrosinistra che corre da solo alle regionali ha una compagine troppo stretta per fronteggiare il centrodestra unito. Per questo dico: attrezziamoci meglio, dialogando ovunque coi 5 Stelle, a cominciare dalle regioni che per prime torneranno alle urne.
Non c’è il rischio di incorrere nella stessa critica mossa al governo: che Pd e 5 Stelle si siano tanto odiati e ora si alleino solo per tornaconto elettorale?
Pragmaticamente: siamo in un sistema in cui, se si vuole dare un governo al Paese, bisogna lavorare sui temi e da quelli creare legami. Sono convinto che esistano moltissime differenze tra noi e i 5 Stelle, ma credo che a livello nazionale sia stato fatto un lavoro intelligente sul programma. Ora l’obiettivo è lavorare speditamente sui temi sui quali c’è accordo, mentre va usato equilibrio per trovare mediazioni sui temi in cui c’è maggiore distanza. E’ un percorso complicato ma utile, che va fatto anche a livello territoriale.
Lo diceva lei prima: questo non nasce come un governo popolare, come farà a diventarlo?
Intanto deve essere un governo non litigioso ma operativo. Poi, grazie al ruolo ottenuto in Europa dovrà spingere sugli investimenti, ridurre le tasse sul lavoro e incrementare le politiche in favore delle famiglie. La legge di Bilancio deve far ripartire il Paese dopo un anno di stagnazione. Inoltre, il governo dovrà stare attento sui temi della sicurezza e dell’immigrazione, per non regalare la grancassa a Salvini. La ministra degli Interni, però, saprà tenere insieme solidarietà e rigore, senza fare propaganda su pochi disperati ma con pragmatismo. Non possiamo affrontare questo tema con leggerezza, perchè che buona parte della popolazione è molto impressionabile dalle percezioni.
E dal punto di vista dell’approccio?
Parlo per il centrosinistra e dico che abbiamo sempre più bisogno dello stile dei sindaci: pragmatico e popolare, vicino ai cittadini. Questa è l’unica ricetta vincente per sconfiggere i populisti. Le faccio un esempio virtuoso: la partita è complicata ma sono convinto che Stefano Bonaccini vincerà le elezioni in Emilia Romagna, perchè è un amministratore popolare, radicato e che sa stare in mezzo alla gente.
Insomma, il governo prenda esempio dai sindaci.
Esatto. Il prossimo Festival delle città, che si tiene dall’ 1 al 4 ottobre a Roma, sarà al prima occasione di confronto tra governo e amministratori. Noi lo incalzeremo perchè il governo rimetta al centro il tema della città, che deve essere protagonista di questa nuova fase politica.