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«C’era un problema: intraprendere campagne ‘ politiche’ allargate a tutte le professioni poteva non aiutare», spiega Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale Dottori commercialisti ed Esperti contabili, «temi economico giuridici difficilmente sono sentiti dai medici».
E invece «stringere un’alleanza più forte con le due professioni riconducibili allo stesso comparto di noi commercialisti, ovvero notai e avvocati, consentirà di condurre battaglie più incisive su temi di nostro specifico interesse». Miani sembra ricevere ogni giorno conferma della bontà della sua recente scelta: costituire appunto una nuova associazione di rappresentanza, “Economisti e giuristi insieme”, con il Consiglio nazionale del notariato e il Consiglio nazionale forense. «Uno strumento che ci darà peso», è convinto Miani. Il quale intanto verifica con soddisfazione gli ulteriori passi compiuti dalla politica verso le professioni con il rafforzamento dell’equo compenso, approvato all’interno della Manovra.
Ecco, presidente, partiamo però dal lungo tunnel dell’indifferenza in cui negli anni scorsi la politica ha relegato le professioni: quella fase è dipesa anche da una perdita di fiducia da parte degli Ordini?
Se c’è stata, la perdita di fiducia va considerata conseguenza dell’attacco di cui noi professionisti siamo stati vittime. Mi riferisco non solo a misure come l’abolizione delle tariffe minime, ma anche ai tentativi, non consumati, di mettere in discussione la sopravvivenza stessa degli Ordini. Ecco, doversi difendere dal tentativo di cancellarci ha disperso la capa- di far valere le ragioni delle diverse categorie, che si sono anche disunite.
Adesso il vento è cambiato?
Ci si è accorti che il vecchio impianto aveva i suoi vantaggi: da un tirocinio più lungo alle stesse tariffe, si trattava di sistemi che garantivano, in realtà, proprio quei giovani che ci si è illusi di tutelare con la deregulation. Al momento di immettersi sul mercato, dopo anni di for-uperare mazione e praticantato, il giovane professionista trovava davanti a sé un futuro più rassicurante di quanto non avvenga oggi. Si è smontato tutto in nome delle liberalizzazioni, si è colpita la qualità e le condizioni di lavoro dei professionisti, con pesanti riflessi di carattere sociale.
A cosa si riferisce?
Famiglie non agiatissime avevano investito tutto per accompacità gnare i figli verso la libera professione. Poi si sono accorte che quegli sbocchi agognati per anni non esistevano più. Adesso apprezzo che si provi a tornare proprio agli assetti precedenti, a cominciare dalla norma sull’equo compenso.
Soddisfatto dall’ulteriore intervento in materia approvato alla Camera?
Soprattutto dall’ampia convergenza che, sul relativo emendamento, si è registrata nella commissione Bilancio di Montecitorio. Considero le nuove norme sull’equo compenso per i professionisti un primo passo sul quale si dovrà tornare, per ampliare la disciplina a cominciare dagli incarichi delle pubbliche amministrazioni. Non bisogna fermarsi.
Ma si aspettava una svolta simile?
Faccio una premessa: sull’equo compenso ho sempre detto che si tratta di una porta aperta dagli avvocati, ai quali le altre categorie si sono agganciate. Ma è vero anche che un po’ mi aspettavo questo via libera della politica, e le dico perché. A fine giugno abbiamo celebrato l’assemblea generale dei commercialisti, che si tiene ogni anno e a cui partecipano i delegati dei nostri 131 Ordini, almeno 1500 persone. In quell’occasione abbiamo intervistato i leader dei maggiori partiti: Berlusconi, Salvini, Di Maio e, in rappresentanza di Renzi, Richetti. Una delle domande riguardava l’equo compenso: tutti e quattro si sono detti totalmente favorevoli.
Non è andata allo stesso modo sulle specializzazioni dei commercialisti.
No, e ancora oggi trovo incomprensibile la scelta, compiuta dalla commissione Bilancio del Senato, di bocciare l’emendamento che le avrebbe introdotte. Si sarebbe creato un più efficace seppur facoltativo percorso di crescita per i commercialisti, a beneficio di una sempre più specifica competenza. Si trattava di modifiche concordate con il ministero della Giustizia e col Mef. Sono tuttora amareggiato per una scelta di cui il governo porta la responsabilità.
Su questo farete ora campagne comuni con avvocati e notai?
Sì, con l’associazione appena costituita, che consentirà di avere una spinta più forte sui temi di nostro interesse, grazie al maggior numero di battaglie comuni che potremo condurre rispetto a quanto si riusciva a fare con professioni meno affini.
E il Dubbio ne sarà uno strumento?
Sì perché è un giornale molto letto dalla politica, che coniuga un’impostazione generalista con l’attenzione alle questioni della giustizia. Potremo inviarlo gratuitamente ai nostri iscritti, che mi auguro lo apprezzeranno, in particolare quando darete spazio ai temi dell’economia, anche grazie al nostro contributo.