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Mario Scialla, legale della famiglia di Martina Scialdone
Sono giornate impegnative e dal grande trasporto emotivo anche per Mario Scialla, il penalista che assiste la madre e il fratello di Martina Scialdone, l’avvocata uccisa dall’ex fidanzato all’esterno di un ristorante di Roma quasi una settimana fa. «Si è cercato di soffermarsi su altro – dice al Dubbio l’avvocato Mario Scialla, - sul comportamento del gestore del locale, sull’intervento più o meno tempestivo della polizia. Trovo poco producente di fronte ad un fatto di tale evidenza e gravità andare a cercare in maniera poco razionale altri elementi, che rischiano di creare solo ulteriore disinformazione. Ci troviamo di fronte ad un dramma e la sua famiglia va rispettata e preservata. Occorre il massimo del garbo. In questo momento occorre chiarire come sono andati i fatti e non stare dietro alle chiacchiere che si rincorrono in questi giorni».
Avvocato Scialla, l’uccisione di Martina Scialdone lascia un vuoto incolmabile tra i suoi familiari, tra i suoi amici e tra i suoi colleghi. Ancora una volta dobbiamo commentare un femminicidio. Come si possono evitare tragedie del genere?
Mi faccia dire, prima di tutto, che è stato strappato un fiore. Lo affermo senza retorica. È stata strappata una vita di 35 anni all’affetto dei suoi cari. Martina aveva intrapreso con grande serietà e metodo il suo percorso lavorativo. Ho avuto modo in diverse occasioni di constatare la sua professionalità, quando era ancora dottoressa in legge, intenta a prendere appunti in diverse iniziative. Una ragazza solare. Si notava che la professione forense la appassionava. Era una collega impegnata e la sua è una perdita grave che lascia tanti interrogativi. Uno riguarda la situazione in generale delle donne in alcuni contesti di violenza che non le risparmiano. A qualsiasi livello e a qualsiasi forma di cultura. Possiamo immaginare che certe cose avvengano in ambienti degradati, con persone poco educate, cresciute senza istruzione. Tutt’altro. Nel caso di Martina ci troviamo di fronte anche alla imprevedibilità di certi comportamenti, che ci inducono a lavorare per evitarli.
Subito dopo l’omicidio dell’avvocata Scialdone, qualcuno, in maniera inappropriata e sotto certi versi morbosa, ha rivolto attenzioni alla sua vita privata e al suo rapporto con l’ex fidanzato. Cosa ne pensa?
Dico che ci sono state delle forzature. Si rinvengono nell’approccio eccessivamente disinvolto di qualcuno. La conseguenza è che le persone che leggono i giornali o vedono la televisione si formano un determinato convincimento. Noi abbiamo una situazione che nella sua gravità è elementare: c’è un assassino che spara e uccide Martina davanti al fratello. Quest’ultimo la soccorre, interviene un medico ma non c’è più niente da fare. Questo è il quadro nudo e crudo. Purtroppo, ho notato che ci sono delle deviazioni anche imprevedibili su modalità, su coinvolgimenti di altre persone, su improbabili nessi di causalità. Ma fin qui ognuno si difende come meglio crede. Si instaurano, insomma, dei meccanismi molto particolari.
A cosa si riferisce?
In vicende del genere il silenzio è d’oro. Considero obiettivamente una forzatura il meccanismo perverso instauratosi. Io faccio l’avvocato da oltre trent’anni. Ogni tanto mi capita di confrontarmi con avvenimenti come quello che stiamo commentando, e constato che la modalità è sempre la stessa. Chi si confronta con il dolore fortissimo, legato alla perdita con modalità tragiche di un congiunto, deve preoccuparsi anche dell’immagine che viene data della vittima. Viene sollecitato, quasi obbligato, a scendere in una agorà che non è giuridica, senza contraddittorio e garanzia, dove ognuno la spara più grossa dell’altro. Anziché pensare ai funerali, a come procedere in merito all’autopsia e alla nomina dei consulenti, ci si deve aggiornare su alcuni meccanismi che si mettono in moto automaticamente e che pretendono dichiarazioni ed informazioni. Il legale, fra le tante cose, deve essere anche impegnato a preservare la famiglia di fronte a persone che ti cercano, citofonano o si fanno trovare sotto casa. Secondo me, non si presta la dovuta attenzione al dolore delle persone e, soprattutto, non si fa del silenzio una regola aurea.
Ha notato in questi giorni delle parole o degli atteggiamenti fuori luogo?
Ci sono state, per esempio, richieste di informazioni personali sulla vittima, che non hanno nulla a che vedere con i fatti accaduti pochi giorni fa. L’avvocato, alla fine, si trova costretto a confrontarsi con un certo modo di affrontare certe situazioni, senza alcun ritegno e rispetto. Per fortuna siamo nelle mani della Procura, che sta operando bene, ma è anomalo che chi è colpito negli affetti più cari debba preoccuparsi di avere un difensore chiamato ad intervenire pure su aspetti inconferenti. Anche da parte di alcuni organi di informazione non c’è la necessità, per una vicenda come quella che stiamo commentando, di scavare nella vita delle persone, di fare ritratti in un certo modo. Stiamo parlando di una avvocata impegnata su determinate tematiche, che con una forza d’animo interiore notevole, ha sottovalutato il rischio che si correva.
Nel rapporto tra la vittima e il partner o l’ex partner, alcuni elementi di tensione ci proiettano già verso sicuri fenomeni criminali?
Io credo che la cosa più sbagliata che si possa fare è generalizzare. Problemi come le interruzioni di rapporti con persone che non le accettano, non andrebbero mai affrontati da soli. Ci sarebbe bisogno di trovare il supporto di contesti più sicuri. Nemmeno un avvocato è al sicuro, come abbiamo visto nel caso di Martina Scialdone.