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Nella terra dove arabi e normanni trovarono le basi per una feconda e pacifica confidenza, le notizie che arrivano da Gela non possono sorprendere più di tanto. Nella città che ospita il centro petrolchimico dell’Eni, Pd e Forza Italia festeggiano insieme la vittoria al ballottaggio del nuovo sindaco ex alfaniano Lucio Greco sullo sfidante leghista Francesco Spata. Pronubi dell’operazione, che evoca già una versione bonsai del patto del Nazareno in chiave anti- populista, l’azzurro Gianfranco Micciché, presidente attuale dell’Assemblea siciliana, e l’ex vice presidente Pd dell’Ars, Calogero Speziale. Che però invita tutti a rifuggire da sensazionalismi: «Sbaglia chi parla di un nuovo patto del Nazareno. A Gela – spiega al Dubbio l’ex presidente dell’Antimafia regionale - si è trattato piuttosto di una sfida tra populisti e anti- populisti» .
Rimane il fatto che Pd e Forza Italia hanno suggellato a Gela un’alleanza vincente, che ha consentito alle due forze politiche di eleggere anche il nuovo sindaco di Bagheria.
È comunque fuori luogo parlare di un nuovo patto del Nazareno. A sostenere il candidato leghista di Gela c’era una coalizione composta da Lega, Fratelli d’Italia, Udc e tre quarti di Forza Italia, quella di matrice più sovranista. A questo assembramento abbiamo risposto con delle liste civiche fatte di candidati di estrazione dem e altri candidati di Forza Italia che non si riconoscono nel sovranismo. Basti pensare che la deputata gelese di FI, Giusi Bartolozzi, moglie dell’assessore Armao, sosteneva il candidato leghista. I fatti dicono che quello che è accaduto in città, insomma, è accaduto a causa della spaccatura di Forza Italia, e non certo in virtù di un nuovo patto del Nazareno.
La spaccatura di FI non si limita però ai confini dell’Isola. Sull’alleanza con Salvini si sono creati due fronti opposti anche tra gli azzurri. E se il modello Gela si replicasse a livello nazionale dopo le europee?
Il patto del Nazareno è morto e sepolto. Semmai la vera sfida che ci attende è quella tra populisti e anti- populisti. Se l’esempio di Gela, dove il Pd ha messo in campo un’idea di buon governo insieme a pezzi di forze moderate e liberali non sovraniste dovesse funzionare, ben venga. Sono convinto che possa essere questo lo schema su cui lavorare in prospettiva.
Socialisti e popolari del resto si sono coalizzati in Europa. Il tema di un’alleanza tra Pd e Forza Italia potrebbe riproporsi con forza a Bruxelles ma anche in Italia, dato il possibile boom dei sovranisti.
Non vorrei fare di una questione locale un paradigma per l’Europa. Ma ad ogni modo sono convinto le elezioni europee determineranno una destrutturazione del fronte moderato. Che è di fronte a un bivio: dovrà scegliere tra il fare da stampella al governo gialloverde o restituire dignità a un pensiero politico che ha una certa idea dell’Italia e dell’Europa. Il Pd sa bene da che parte stare, ma toccherà alla parte moderata di Forza Italia e ai popolari scegliere il proprio destino: più Europa o no all’euro come diceva fino a poco tempo fa Salvini?
Le alleanze però si fanno in due. Evidentemente il Pd ritiene i moderati di Forza Italia compatibili in prospettiva, giusto? Micciché non ne ha fatto mistero.
Certamente. Anche perché non credo che la cultura liberale potrà mai abbracciare i valori politici di Matteo Salvini. Sono convinto che l’alternativa al governo gialloverde sia in un nuovo schema di governo che vedrà il centrosinistra aprirsi a forze civiche, moderate e liberali che dopo le Europee daranno vita a un nuovo contenitore politico. Al di là di nomi e sigle che ne faranno parte, la sfida del futuro è quella tra populisti e antipopulisti.