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«Ho atteso per tanti mesi l’archiviazione sulla vicenda Consip. Proprio ora che la Procura di Roma la chiede, dico basta. Vado in pensione, lascio ogni incarico, metto in vendita la mia società, accusata ingiustamente di tutto». Tiziano Renzi spiega che si può essere anche riconosciuti innocenti, ma che quando avviene è sempre troppo tardi rispetto alla condanna del tribunale mediatico. Lo ricorda con un avviso a pagamento pubblicato sulla Nazione di ieri. Il caso può insegnare qualcosa? Può ricordare alla tifoseria forcaiola che in fondo c’è pur sempre di mezzo la vita di un essere umano? «Io credo che dovremo cominciare a fare un passo indietro, renderci conto che trasformare il processo in un’arena assediata da opposte tifoserie è un delirio privo di senso», dice Federico Bagattini, il penalista fiorentino che ha difeso il padre dell’ex premier e che ora esprime una soddisfazione soffocata. Perché appunto i danni all’immagine del suo assistito restano e sono irreparabili. «Ma non escludiamo di costituirci parte civile nei confronti di chi potrebbe essere rinviato a giudizio per aver costruito impostazioni di accusa in maniera dolosa». Cioè nei confronti dell’ex maggiore del Noe Gian Paolo Scafarto.
Ma l’archiviazione di Tiziano Renzi insegnerà qualcosa ai giustizialisti in servizio permanente effettivo?
Dividersi in tifoserie è assurdo. Rischia di essere delirante. La giustizia non va strumentalizzata, altrimenti se ne perde il senso. Si cade nell’assurdo di considerare bravi i giudici che ci danno ragione e meno bravi quelli che ci danno torto. Parliamo di una funzione esercitata in virtù di una selezione durissima, che avviene per concorso e che non è affidata a un’elezione da parte del popolo, per fortuna.
Intanto il danno a Tiziano Renzi resta.
Negli Stati Uniti i giornalisti possono entrare nelle aule dei processi solo senza telecamere. Forse è una misura drastica, rozza, ma tiene separati i diritti dell’informazione dai doveri della giurisdizione. Da noi siamo invece al delirio, siamo andati ben oltre: nel caso dell’inchiesta Consip si è arrivati al punto che in virtù del diritto all’informazione si è rischiato di compromettere i risultati delle indagini. È vero che i tempi della giustizia sono più lunghi di quelli della comunicazione. Ma essere assolti è inutile, se nel frattempo si è stati massacrati sui giornali.
E come si ferma il delirio?
Fatemi ministro della Giustizia e ve lo dico. A parte gli scherzi, dovremmo fare tutti un passo indietro. Anche noi avvocati e i magistrati: quelli troppo presenti nell’agone politico e mediatico assecondano la distorsione del sistema, la alimentano. Serve una dose di umiltà, anche in voi giornalisti, che a volte vi lasciate trascinare da un senso di onnipotenza e vi sentite autorizzati a pubblicare qualsiasi cosa, sempre nell’ansia di dimostrare che avete capito tutto in anticipo. In casi come l’inpeggiori. dagine Consip si è visto invece che molti non avevano capito affatto.
Ai convegni tutti o quasi si indignano per le intercettazioni in cui l’indagato parla col proprio difensore: il codice le vieta, ma in modo inefficace. Lei ha fatto bingo: non solo i pm di Napoli l’hanno intercettata, ma la conversazione con Tiziano Renzi è pure finita nel tritacarne mediatico. En plein.
E sì, la mia vicenda merita di essere riportata in qualche tesi di laurea. Mi si dovrebbe erigere un mezzobusto di bronzo. Consideri che sono venuto a conoscenza di essere stato intercettato dalla Procura di Napoli la mattina stessa in cui quella conversazione è stata riportata dai giornali.
In effetti peggio di così è impossibile.
Credevo finisse lì. Invece ho visto che c’è stato pure chi si è compiaciuto della pubblicazione.
È la giustizia stravolta e trasformata in gogna.
Rischiamo di vederne ancora di Però io non mi vergogno delle telefonate con i miei clienti. Anzi, rivendico le cose che ho detto nelle conversazioni incredibilmente captate e ancora più incredibilmente rese pubbliche.
In un colloquio al Quirinale, il Cnf ha chiesto anche l’intervento del presidente Mattarella per rimediare alla fragilità del divieto di intercettare l’avvocato.
Condivido la battaglia condotta dall’istituzione dell’avvocatura. Va assolutamente previsto che la registrazione debba essere interrotta non appena l’addetto di polizia giudiziaria si accorge che l’indagato è al telefono col suo difensore. Aggiungo: non si deve lasciare tale responsabilità in capo al militare, o al poliziotto. Non appena realizza che da uno dei due capi del telefono c’è l’avvocato, la pg deve avvertire il pm. Comunicargli la cosa e farsi dare l’ordine di fermare la registrazione. Se non si tutela il rapporto tra l’avvocato e il suo assistito si mette la civiltà giuridica su un piano inclinato in cui scivolare giù è facile e risalire sarà durissimo. Oltretutto, io non ero alla mia prima volta.
Era già stato intercettato?
Sì, con un altro cliente. In quella telefonata, finita nel fascicolo del pm, io spiegavo come ci saremmo difesi. Dissi che avremmo chiesto l’abbreviato.
Si realizzò proprio il rischio che l’avvocatura denuncia: si lascia al pm la possibilità di conoscere la strategia del difensore.
E infatti quando mi trovai davanti al giudice e comunicai la decisione di optare per l’abbreviato aggiunsi: ‘ Lei d’altra parte già lo sapeva, era in quella telefonata finita negli atti del procedimento... ’. Sconcerto, imbarazzo. Ma quel giudice fu corretto: ordinò la distruzione fisica del nastro. Certo, casi del genere non fanno indignare nessuno, purtroppo.
Le accuse infondate a Tiziano Renzi nascono da errori degli investigatori e di una delle due Procure impegnate su Consip. Pensate a un’azione di responsabilità civile nei loro confronti?
Sì, le do una notizia: non escludo che Tiziano Renzi si costituisca parte civile nei confronti di chi in maniera dolosa avrebbe in qualche modo costruito le impostazioni d’accusa. Vediamo se le ipotesi della Procura di Roma sfoceranno in un rinvio a giudizio.
Lei si riferisce all’ex maggiore del Noe Gian Paolo Scafarto, per il quale i pm potrebbero chiedere il rinvio a giudizio per falso e depistaggio.
Evidentemente sì. Vediamo se vengono riconosciute tali responsabilità. Qualora avvenisse, questo farebbe maturare, per Tiziano Renzi, anche un diritto al risarcimento.