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Nel fiume di interviste a esponenti della maggioranza e della opposizione dopo la nascita del Conte bis, gli italiani che ancora seguono il dibattito politico hanno ascoltato di tutto. Invettive, accuse, recriminazioni sono state di gran lunga più numerose dei ragionamenti. La pancia ha prevalso ancora sulla testa. Niente di nuovo, si dirà.
Sono state solo parole, parole, parole che più che richiamare alla mente una fortunata canzone hanno fatto pensare al frastuono di un mercato rionale. L’unico elemento comune ai due schieramenti è stata una professione di fede: i fatti avrebbero presto svelato la realtà delle cose.
Bene, ora due fatti politici sono accaduti. L’opposizione ha chiamato alla mobilitazione di piazza. Meloni e Salvini hanno radunato decine di migliaia di italiani in carne ed ossa, arrabbiati e determinati, espressione reale e concreta delle paure e della rabbia di molti milioni di connazionali.
Anche dalla maggioranza è arrivato un fatto politico: Renzi ha rotto gli ormeggi e l’ennesima scissione della sinistra si è consumata. È evidente che i due fatti non hanno nulla in comune e non possono essere paragonati. Tuttavia entrambi evocano qualcosa, magari non negli addetti ai lavori ma negli italiani comuni, anonimi.
La piazza dell’opposizione, piena di gente normale ( a parte le mani tese), rafforza la tesi del popolo contro il Palazzo, mentre la scissione di un partito della coalizione M5S- Pd sembra fatta apposta per confermare che oggi chi governa agisce solo nel Transatlantico.
Le ragioni della scissione sono tutte di ordine politico, sono teoriche e come tali forse accusabili di astrattezza. Al contrario le ragioni della piazza sono di ordine pratico. Sono o comunque appaiono “maneggiabili”, di grande impatto.
La scissione di Renzi porta un italiano che lo voglia fare a discutere di progetto liberaldemocratico, di sinistra ancora statalista, di legge elettorale e di alleanze tra partiti, di indebolimento del governo Conte: sono, appunto, gli argomenti del ceto politologico. La piazza di Meloni e Salvini porta a discutere di tasse, famiglia, sicurezza, immigrazione: appaiono gli argomenti più vicini al popolo.
Intendiamoci: non c'è nulla di positivo e di virtuoso in tutto ciò, anzi... Una cosa però è certa: alla sinistra serve un bagno di umiltà e di realismo. Cessi di considerarsi depositaria della verità e unica garante della democrazia e della libertà: non è così. Il Pd la smetta di macerarsi nel quesito ideologico “chi siamo e cosa vogliamo”. Non è più questo il punto. Piuttosto scenda con i piedi per terra, si sporchi le scarpe.
Faccia qualcosa di concretamente comprensibile dagli italiani che non sia un accordo di potere o una scissione interna.