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Ci voleva un miracolo e si sa che niente fa miracoli più della paura. E' grazie alla paura di Salvini che M5S e Pd, dopo essersi sbranati sino a un secondo prima, hanno dato vita insieme a un governo e anche di quelli ambiziosi. Non solo un ponticello ma un governo politico con ambizioni, o forse velleità, di legislatura. Certo hanno pesato anche altri elementi. La pressione di mezzo mondo è stata da Guinness dei primati e l'astinenza da poltrone del Pd ha corroborato bene. Ma senza la sferza della paura nulla di tutto questo sarebbe bastato e il governo che ha incassato due giorni fa la fiducia nessuno lo avrebbe neppure immaginato. Ci voleva un super miracolo, uno di quelli da lasciare a bocca aperta persino san Gennaro, ma quando è stato catapultato in campo il fattore S, cioè la solita paura di Salvini. L'impossibile è diventato realtà. I mercati hanno reagito alla nascita di un governo oggettivamente fragile e debole, anzi addirittura già solo alla prospettiva di quel lieto evento, portando in trionfo i Btp italiani. Roba che non si vedeva da mai. Tassi che appena una settimana prima avrebbero fatto rinchiudere nel padiglione dei visionari gravi chiunque li avesse profetizzati. Spread in picchiata come neppure quando si era insediato a Chigi l'uomo di Bruxelles. La spiegazione del portento che ha portato in pochi mesi 600 milioncini freschi nelle casse esangui dello Stato è una soltanto: nel governo che si accingeva a governare l'Italia non figurava più Matteo Salvini. Un semplice miracolo, anche in formato XXL, non basterebbe, nemmeno si trattasse della moltiplicazione di pani, pesci e coperture per la prossima legge di bilancio. Per sterilizzare l'aumento del'Iva coprire le spese inevitabili e aggiungere le misure a cui Di Maio non può rinunciare, cuneo fiscale e salario minimo, non saranno necessari i 50 mld che voleva recuperarein deficit l'ex ministro degli Interni ma non basteranno neppure bruscolini. Conte, uomo di fede come buona parte dei suoi ministri che un tempo sarebbero stati tutti riuniti dallo scudocrociato, spera in san Salvini. Anche a Bruxelles dell'uomo nero hanno paura. Sanno che batterlo non vuol dire solo tirare un sospiro di sollievo per quel che capita in un Paese certo non secondario dell'Unione ma anche, anzi soprattutto, per la situazione in casa loro. Un Salvini vincente sarebbe stato, e potrebbe ancora essere, manna per l'AfD e le atre formazioni sovraniste di destra che nel Continente, pur avendo mancato l'arrembaggio elettorale non sono affatto al palo. Se a Bruxelles, Berlino e Parigi vogliono evitare che l'incubo Salvini si riaffacci più agguerrito che mai, e stavolta senza più formule alchemico- parlamentari capaci di fermarlo, sanno cosa devono fare. Allargare i cordoni della borsa. Flettersi come giunchi. Mettere Giuseppe Conte, che ormai a Bruxelles è senza più finzioni ' il nostro uomo a Roma', in grado di cogliere risultati tali da non far rimpiangere al popolo votante le illusorie promesse del bagnante del Papeete. Solo le prossime settimane diranno quanto le preghiere del secondo Conte saranno esaudite, ma di certo il fattore S darà una robusta spintarella al Belpaese alle prese con una legge di bilancio che senza il temuto dèmone sarebbe stata proibitiva.Non è dunque una boutade dire che questo governo è in tutto e per tutto figlio, se non di Matteo Salvini certo della paura di Matteo Salvini. Al punto che, almeno in linea di principio, la questione di solito più spinosa che ci sia in politica, il modello di legge elettorale è stato qui risolto in un battibaleno con la convergenza di tutti sul già da molti aborrito proporzionale. Per forza! Se il metro di misura è la necessità di impedire una ancora temuta vittoria di Salvini, l'unica legge che possa agevolare il compito, piaccia o non piaccia, è il proporzionale.Già, ma quanto durerà la paura di Salvini? I politici, si sa, sono volubili, abituati a farsi condizionare da una quantità di fattori e tra questi i risultati delle elezioni di turno, dunque in questo caso delle 9 prove regionali in calendario nei prossimi mesi, figurano ai primi posti. Inoltre l'offensiva su tutti i fronti, dall'oscuramento mediatico a una raffica di denunce finirà inevitabilmente per attenuare, se non per far scomparire, quell'unico ( o quasi) collante del governo e per appannare lo stellone protettivo rappresentato nei mercati e in Europa dall'antisalvinismo. La scommessa di Conte, ma a maggior ragione di Zingaretti, è riuscire a sostituire quel collante con una spinta comune che al momento è ancora un miraggio. Se non riusciranno, o non ci riusciranno in tempo, il governo si troverà nudo di fronte alla tempesta.