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Oggi nel mondo il discrimine fondamentale è rappresentato dalla contrapposizione fra sistemi liberaldemcratici e regimi e politiche autoritarie e nazionaliste. I sistemi democratici e liberali possono resistere all'urto dei partiti e degli Stati autoritari se si dimostrano capaci di rispondere ai bisogni delle classi medie e ai giovani con ricette autenticamente liberali.
Anche il nuovo governo italiano è di fronte a questa sfida così drammatica. Angelo Panebianco e Ernesto Galli della Loggia, da angolature diverse ma complementari, leggono la formazione del nuovo governo come l'espressione del tradizionale trasformismo italico. C'è del vero in questa valutazione dell'alleanza inaspettatamente scoccata tra Pd e Cinquestelle, anche se non si può negare che la Lega abbia provocato in Italia e in Europa reazioni comprensibilmente critiche e allarmate.
Tuttavia, il problema di fondo, secondo la mia opinione, risiede in una condizione sottostante la tentazione ricorrente del trasformismo. Essa ha a che fare con l'assenza di una cultura liberale più o meno in pressoché tutti i partiti e nell'estrema debolezza delle nostre istituzioni rappresentative. È questa la ragione che suscita le maggiori preoccupazioni anche in relazione alle prospettive del nuovo governo.
Così come il tasso di liberalismo nel precedente governo era molto basso se non assente, anche il nuovo non ispira ragionevolmente chissà quali speranze. Lo vedremo alla prova dei fatti.
Perché è proprio alla luce dei fatti che si può valutare la bontà di un provvedimento e misurarne il grado di riformismo liberale. In fondo, il successo di questa anomala alleanza di governo dipende dall'evoluzione sia del Pd che del M5S verso una cultura di governo di stampo liberale. Se questo esperimento dovesse fallire, il fallimento della prova liberale del Pd e dei Cinquestelle aprirebbe le porte, in un modo ancora più virulento e inarrestabile, alla marea nazionalista e populista.
Per questo la scommessa è ardua e rischiosa. Un altro motivo per cui è potuto nascere l'attuale governo si spiega con la debolezza delle nostre istituzioni. Purtroppo, se l'obiettivo è quello di ridurre il numero dei parlamentari insieme al ritorno a un sistema elettorale proporzionale, temo che ci troveremo ben presto con tutti i problemi di oggi, per di più aggravati da una legge elettorale che incentiverà un'ulteriore frammentazione con il pericolo di fomentare una sostanziale ingovernabilità.