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Matteo Orfini, già presidente del Partito Democratico
«Ci sono comuni sciolti anche tre volte consecutivamente, a dimostrazione che quello strumento non risolve il problema». Matteo Orfini, già presidente del Pd e uomo di punta del partito, dà il proprio parere sulla legge che scioglie i Comuni per mafia, precisando che «serve una discussione laica e a mente fredda su come rendere più efficace l’intervento in caso di infiltrazioni».
Onorevole Orfini, che idea si è fatto su quanto accaduto in questi giorni a Bari?
Secondo me è tutto abbastanza lineare. C’è stata una forzatura grave da parte del ministro Piantedosi, perché non è assolutamente vera la sciocchezza che stanno ripetendo anche in queste ore alcuni ministri ed esponenti del centrodestra, secondo i quali la nomina della commissione sarebbe un atto dovuto. Non è vero. È un atto discrezionale e tra l’altro di solito è il prefetto che si muove, mentre qui è successo tutto a livello di Viminale. Il punto è che il centrodestra voleva fare campagna elettorale, e ha fatto benissimo Decaro a denunciare la strumentalità di quanto deciso da Piantedosi.
Sul merito della vicenda, pensa ci siano stati errori, anche di comunicazione, da parte dell’amministrazione?
Sul merito della questione c’è molta tranquillità. Nel senso che se uno conosce Bari sa che certe zone che prima delle giunte di centrosinistra erano in mano alla criminalità organizzata oggi sono tra le più belle della città. Noi la lotta alla malavita l’abbiamo fatta davvero.
In passato il centrosinistra si è dimostrato giustizialista rispetto a casi analoghi che coinvolgevano sindaci di destra, come del resto sta facendo oggi la destra con voi: come si è arrivati a questo cortocircuito?
Personalmente non ho mai cambiato la mia posizione. Penso che in questi casi si debba guardare al merito delle vicende. Mi capitò di gestire da commissario del Pd il fenomeno di Mafia capitale e non ebbi nulla da eccepire rispetto ai dovuti approfondimenti perché si parlava di fatti motivati e molto gravi. In casi così delicati si deve avere misura, equilibrio e senso delle istituzioni. Che Piantedosi e il centrodestra hanno dimostrato di non avere.
C’è una proposta Pd, a firma Enza Bruno Bossio, di riforma della legge sullo scioglimento per mafia che giace in un cassetto: pensa sia ora di mettere mano a quella normativa?
La legge su scioglimento e commissariamento nasce in un periodo in cui il fenomeno coinvolgeva piccoli e spesso piccolissimi Comuni. Oggi le infiltrazioni mafiose riguardano anche città di grandi dimensioni, e non è detto che quella norma sia ancora la più adatta a contrastare la criminalità organizzata. A volte sciogliendo un grande Comune e sostituendo tutti gli organi politici con un commissario si rischia, paradossalmente, di avere meno controllo. Ci sono Comuni sciolti anche tre volte consecutivamente, a dimostrazione di come quello strumento non risolva il problema. Serve una discussione laica e a mente fredda su come rendere più efficace l’intervento in caso di infiltrazioni.
Tornando a Bari, come giudica le parole del presidente della Puglia Michele Emiliano?
Penso che Emiliano abbia detto una frase sbagliata e anche un po’ confusa. Parliamo di una vicenda vecchia di vent’anni e probabilmente anche lui ha dei ricordi sbiaditi. Decaro, per la parte che lo riguarda, ha ampiamente chiarito, e anche qui mi concentrerei sui fatti. Ci sono sindaco e un’intera stagione politica in cui la lotta alla mafia è stata messa in campo con i fatti, non nei convegni. Come in queste ore, tra l’altro, hanno riconosciuto anche i nostri avversari.
Venendo al Pd, pare ci sia subbuglio per le liste alle Europee, con la candidatura di Schlein ancora in bilico: come la vede?
Fare le liste è un complesso lavoro di composizione, ma dobbiamo tenere insieme tre punti di forza: la leadership di una segretaria che, se in campo, aiuta a crescere il Pd; la necessità di apertura delle nostre liste a forze civiche e soggetti che aiutino nel voto d’opinione; la valorizzazione dei nostri dirigenti, che qualitativamente offrono ampie garanzie.
Quindi è favorevole alla candidatura di Schlein?
La segretaria in campo sarebbe una spinta in più per l’intero partito. Non si deve lasciare indietro la minoranza, ancor più in campagna elettorale, ma mi sembra che questa volontà ci sia. La discussione è normale in un partito che si dice democratico, e resta aperta con l’obiettivo di coinvolgere l’intero partito in vista della sfida elettorale.
Pensa che le Europee, visto che si vota con il proporzionale, metteranno in difficoltà il percorso di avvicinamento tra Pd e M5S?
È vero che si vota con il proporzionale ma nello stesso giorno si vota in tantissimi comuni anche importanti come Firenze, Bari e Perugia. Stiamo cercando di costruire la coalizione più ampia possibile e se è vero che alle Europee ciascuno valorizzerà il proprio partito non credo che questo spezzerà il lavoro di costruzione di un’alternativa alla destra.
In quei giorni si vota anche in Piemonte, dove invece l’accordo con il M5S non si farà...
In Piemonte stiamo facendo fatica e a oggi non abbiamo un accordo. Penso ci sia ancora tempo per lavorarci ed è un dovere provarci. Poi è chiaro che contano anche le storie territoriali e gli scontri in passato su Torino rendono tutto molto complicato. Ma attenzione: l’alleanza è uno strumento, non un fine, e quindi si deve prima costruire un progetto politico e poi attorno a quello aggregare le forze che vi si riconoscono.