PHOTO
camera penale cosenza nicola morra
La decisione dei “partiti politici” calabresi (?) di mandare le liste dei candidati al consiglio regionale alla commissione parlamentare antimafia per un controllo preventivo, sembrerebbe una delle tante trovate demagogiche d’una classe politica mediocre. Invece, credo, nasconda ben altro e di molto più grave.
Questi – e ribadisco questi- “partiti” ( che non hanno nulla a che vedere con quelli previsti dalla Costituzione) sanno bene di essere strumenti nelle mani di pochi oligarchi che si sono assunti il compito di tenere lontani i cittadini comuni dalla vita pubblica. In Calabria (e non solo) sono “ladri” di sovranità popolare e, per come si raccolgono i consensi, “tangentisti” del voto. Quando le organizzazioni democratiche mancano, cresce il peso della 'ndrangheta, dei poteri forti, dei demagoghi, che hanno una loro fitta rete di contatti su base regionale e, a volte, nazionale.
Per dirla in parole semplici: meno conta la gente più contano le caste e nel frattempo, la Calabria muore. Nasce così- e detto senza offesa verso alcuno - un potere intrinsecamente “mafioso” ed oppressivo anche quando a gestirlo sono uomini estranei e, spesso, lontani e nemici delle cosche. “Mafioso” perché usurpato. Mafioso perché contro il proprio popolo.
La naturale alternativa a tutto ciò sarebbe stata quella di restituire il potere decisionale ai legittimi “proprietari” cioè alla gente organizzata in partiti veri, sindacati, che non siano semplici patronati, organizzazioni intermedie. Invece gli oligarchi hanno scelto di tenere saldamente in mano le redini d’un potere che appare forte e inespugnabile solo perché la società civile calabrese è stata ridotta negli anni in una massa grigia in stato di programmata e veloce decomposizione.
Così assistiamo ad uno dei tanti paradossi: il centrodestra ha annunciato di aver già mandato le liste dei propri candidati alla commissione antimafia. Si badi bene si tratta di liste, che a parte pochi addetti, di cui nessuno, ma proprio nessuno conosce i nomi ( e tantomeno il programma.) Il comportamento del centro destra non è un’eccezione ed infatti poche “menti raffinatissime “per delega “altrui” stanno affinando le liste di tutti gli schieramenti, operando in modo tale da far eleggere solo “consiglieri” di stretta osservanza.
La logica conseguenza sarà che gli “eletti” tuteleranno solo e soltanto gli interessi di coloro che li hanno fatti eleggere. Se ciò mafia non è ( e non è perché, almeno per ora, manca la violenza fisica) molto gli somiglia. Ovviamente gli antimafiosi di professione possono condurre la loro bella e coraggiosa lotta firmando l’unitile registro dell’antimafia, o scaricare le proprie frustrazioni e la propria rabbia inneggiando a forche e galere. Ma senza mettere mai in discussione il brevetto mafioso che regola la vita dei partiti in Calabria e che costituisce una sicura garanzia per assicurare la sostanziale continuità del potere.
I responsabili di tale stato di cose rivolgendosi alla commissione parlamentare antimafia chiedono di essere legittimati da “commissari politici” (a loro volta mai eletti) perché sanno di essere delegittimati dalla loro scelta di non coinvolgere per nulla la gente nella fase cruciale della formazione delle liste. A volte è ancora peggio, perché l’invio delle liste in commissione rappresenta solo un cinico espediente per saldare i conti tra “ras” di “partito” utilizzando a tal fine un organismo parlamentare nato con ben altri scopi e fini ben più nobili.
Infine, sarei curioso di sapere come farà la commissione a stabilire chi sono gli impresentabili. Qualora si trattasse di valutare eventuali sentenze di condanna o i “carichi pendenti” dei singoli candidati, sarebbe bastata la richiesta d’un certificato rilasciato dal tribunale di competenza. In “commissione” probabilmente si utilizzeranno rapporti (veri o falsi) dei servizi segreti o della polizia giudiziaria( magari commissionati per la bisogna) e ciò costituirebbe una tale ferita alla democrazia da far rivoltare i Costituenti nella tomba. Sarebbe l’anticamera della dittatura dei peggiori ma con il lasciapassare dei caporali di giornata.
In dialetto calabrese è diffuso un termine praticamente intraducibile in lingua italiana: “giobbijari”. Se provo a tradurlo mi viene in mente solo una frase volgare come “prendere per il c..” ma in questo caso il premio è la “giobba” e nel suo nome tutto diventa lecito. Almeno per la scellerata brigata che, ancora una volta, conduce i giochi sulla pelle del popolo calabrese.