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Che devono fare i magistrati con il comandante Carola? Carcerarla, come vuole Salvini?
Gianni Pittella, senatore del Pd ed ex presidente vicario del Parlamento europeo, si ritrae subito: non vuole dare giudizi sull’opera della magistratura. Ma è chiaro che spera in una soluzione più pacifica. Dico solo che moralmente esiste l’obbligo di salvare vite umane. Rispetto a questo, tutto il resto viene in secondo piano».
Il governo sostiene che la legge è stata violata.
C’è una strumentalizzazione cinica e brutale da parte di Salvini rispetto ad un problema reale. Che non è solo quello delle persone che arrivano con la Sea Watch, ma di chi si avvicina sui barconi o in altri modi. Quello che va in tv fa audience, il resto passa in secondo piano. Il ministro fa un gioco sporco diffondendo un sentimento, un virus xenofobo, odio, invece di valori che andrebbero preservati. Detto ciò, non possiamo dimenticare che ci sono responsabilità di altri rispetto ad un fenomeno che non nasce certo oggi e non finirà domani.
Ecco, parliamo delle responsabilità. Già nel 2015 e poi due anni dopo, di fronte all’avanzata dei populisti, la Merkel ammise che sull’immigrazione l’Italia era stata lasciata sola, che si sarebbe potuto e dovuto fare molto di più.
Sì ci sono responsabilità europee, una grande miopia. Se non governi un fenomeno del genere, quello ti travolge. Ma vediamo dove sono le responsabilità. Dire sempre “è colpa dell’Europa” è un’accusa generica e anche un po’ qualunquista.
Di chi la vera colpa?
Di chi ha impedito di mettere in pratica quello che diceva la Merkel, riguardo alla solidarietà europea verso l’Italia. E sono stati alcuni governi: innanzitutto il gruppo di Visegrad, proprio gli alleati di Salvini. E cioé la Repubblica Ceca, la Slovacchia, l’Ungheria di Orban, la Polonia. Si sono messi tutti di traverso quando Junker ha proposto una ricollocazione di 170 mila richiedenti asilo dividendoli per quote in ogni paese. All’Ungheria ne sarebbero toccati un pugno, un numero ridicolo, eppure votarono contro la proposta del Parlamento europeo. Quando si trattò di modificare il regolamento di Dublino, che lascia sulle spalle del paese di primo arrivo tutto il peso dei migranti, quando su nostra spinta il Parlamento europeo si accordò per la modifica di questo assurdo principio, nel Consiglio europeo il gruppo di Visegrad lo ha affossato. Questa è la verità.
Dunque non è colpa dell’Europa ma colpa degli alleati di Salvini?
E’ così. I paesi del gruppo di Visegrad. E’ la contraddizione del ministro degli Interni: accusa l’Europa, la incolpa di tutto, e poi i suoi alleati sono quelli che votano contro per affossarla. Siamo stati lasciati soli non da Bruxelles ma da cechi, slovacchi, polacchi e ungheresi. Gli stessi che oggi si stanno mettendo di traverso sull’accordo per le nuove nomine nella Ue e, mi dispiace dirlo, appoggiati dal premier Conte.
Forse avevano capito che silurando le soluzioni sugli immigrati avrebbero raccolto ancora più voti populisti e sovranisti. Così è avvenuto no?
Esattamente così. L’opinione pubblica deve saperle queste cose: c’è chi non vuole risolvere i problemi perché così drammatizza i problemi e incassa consenso.
Però, scusi, ma negli anni passati i governi che si sono succeduti non hanno attaccato il gruppo di Visdegrad. Hanno criticato la cecità di molti paesi del nord Europa, tedeschi, olandesi, francesi...
Ci sono stati atteggiamenti poco collaborativi, vero. Però ricordo onestamente che la Merkel ha accolto un milione di rifugiati, un milione. Che ha pagato in termini di costo politico. Con la Merkel sono in aperto dissenso sulla politica di austerità che è stata imposta. Però di coraggio ne ha avuto.
Ora qual è la soluzione? Che proponete di fare?
Tre cose, sia sull’immigrazione che sui richiedenti asilo. La prima, bisogna europeizzare le frontiere esterne. Cioé la frontiera non è più italiana, ma europea, gestita, sorvegliata e difesa dall’Europa. Le coste, Lampedusa, la Sicilia, sono la frontiera dell’Unione. Secondo: il superamento del trattato di Dublino, cioé che non sono più solo problemi del Paese di prima frontiera. Terzo punto di una politica seria: una partnership privilegiata e sostenuta finanziariamente con i paesi africani.
Che sarebbe la realizzazione dello slogan “aiutiamoli a casa loro”. No?
Fare progetti e imporre condizioni: io investo e vi aiuto a patto che si realizzino condizioni di sicurezza, lotta al traffico degli esseri umani, condizioni sociali vivibili per chi vi abita.
Una sorta di piano Marshall europeo che costerebbe quanto?
Per fare un programma serio e non uno slogan servono 4- 500 miliardi di progetti di cooperazione per condurre la lotta all’emigrazione, la difesa delle frontiere per lo sviluppo civile, culturale ed economico di questi paesi.
Le sinistre europee sembrano battere il passo sulla rivisitazione dei loro programmi per trovare ricette sui migranti e riconnettersi con l’elettorato. In Danimarca hanno vinto i socialdemocratici con la signora Frederiksen coniugando il welfare con una politica severa sull’immigrazione.
Non possiamo lisciare il pelo al populismo. La sinistra ancora pencola tra due opposti: uno è l’accoglienza indiscriminata, perché giusta sul piano etico e morale, senza capire che non si può accogliere tutto, e non tutto in un solo paese, altrimenti saltano il welfare e la tenuta democratica; l’altro opposto è fare becero populismo. Tra due strade c’è un mezzo, sensato: se dobbiamo accogliere, secondo una regia europea, dobbiamo garantire la tenuta dello Stato sociale, integrare chi viene da noi rendendolo attivo, ma poi fare la politica per l’Africa. Serve una fortissima iniziativa a livello europea, parlare con i cittadini. Altrimenti vincerà ancora Salvini.