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Come andrà a finire la surreale battaglia politica ingaggiata in pieno agosto ancora nessuno lo sa. Almeno un vincitore certo però già c'è ed è Matteo Renzi. L'ex premier ha intravisto l'occasione e ha messo al lavoro le sue doti eminenti: l'opportunismo, inteso non nella consueta accezione eticamente riprovevole ma come capacità di cogliere al volo le opportunità, e la spregiudicatezza ineguagliata, che gli permette di muoversi con straordinaria rapidità in un panorama politico segnato invece da ritmi a dir poco sonnolenti.
In meno di due settimane il ragazzo di Rignano è uscito dal limbo in cui vegetava da oltre un anno, si è imposto come figura centrale del quadro politico, ha ridicolizzato il suo segretario dimostrando nei fatti quanto poco conti. A differenza di tutti gli altri attori politici, Renzi si è mosso con astuzia, calcolando in anticipo i rischi. Ha parlato, e in realtà ancora parla, di “governo istituzionale” e non di “governo politico” perché sa bene quanto fragile sarà il governo giallo- rosso, se mai nascerà, e non intende legare la sua sorte agli esiti di quel governo.
Per la stessa ragione, almeno in parte, ha deciso che di quel governo né lui né i componenti e soprattutto le componenti del suo “giglio magico” faranno parte. Il merito di aver impedito a Salvini di dilagare sarà tutto suo. Gli eventuali demeriti di un governo che nascerà tenuto insieme neppure con lo spago ma addirittura con la gomma da masticare saranno tutti addebitati al segretario a cui quel governo sarebbe in realtà imposto, a Zingaretti.
E' probabile che l'ex leader del Pd abbia messo in conto sin dall'inizio la possibilità di un fallimento della sua proposta. Insistere sul governo istituzionale e non politico serve anche a questo: se il disegno naufragherà la colpa sarà solo di Zingaretti e Di Maio, incapaci di cedere abbastanza da garantire il successo della trattativa. Se riuscirà il merito sarà tutto di Renzi.
In queste condizioni, chiedersi quale sia il vero disegno del toscano significa non aver capito il suo modus operandi. Il progetto iniziale di Renzi prevedeva un governo di almeno due anni: necessari per mettere la prossima presidenza della Repubblica al riparo dagli artigli di Salvini, ma anche per costruire il nuovo partito centrista che Renzi vagheggia. Da allora però ha sempre parlato in termini che prefigurano un governo di mesi e non di anni. In compenso, ancora martedì al Senato, nei conciliaboli di corridoio con esponenti di LeU e dell'M5S garantiva di mirare ai due anni.
La realtà è che parlare di questo argomento con Renzi è poco sensato. L'uomo non ha alcuna intenzione di impiccarsi a una data. Se si darà vita a un nuovo governo avrà in mano le sorti della legislatura e deciderà cosa farne al momento opportuno. L'importante è evitare, se possibile, il voto immediato, perché in autunno sarebbe ancora presto ( anche se in una situazione ben diversa da quella di appena 10 giorni fa) e perché per Renzi è importante modificare la legge elettorale.
Quando sarà pronto disporrà, se necessario, di un suo partito, nel quale potrebbe confluire una componente essenziale di Fi, quella guidata da Mara Carfagna, la vicepresidente della Camera che nel sud dispone di una solidissima base elettorale. Le voci sulla disponibilità della vicepresidente a sostenere il governo giallo- rosso, diffuse nei giorni scorsi, sono state smentite ed erano effettivamente infondate. Ma le fantasie, come spesso capita, erano il prodotto di elementi reali.
L'ex ministra non ha ancora deciso di lasciare Fi ma la sua ostilità radicale all'alleanza con Salvini è nota, così come la stima per Renzi. Ed è un fatto che negli ultimi mesi gli incontri tra lei e Luca Lotti sono stati frequenti.
Zingaretti ha interessi se non necessariamente opposti almeno molto diversi da quelli di Renzi. Sa che per lui, a differenza che per il rivale, l'eventuale governo con i 5S può rivelarsi una trappola mortale. Preferirebbe evitare di correre l'esiziale rischio ma se, assediato dai grandi vecchi come Prodi e dagli alleati come Franceschini e Del Rio, non potrà evitare di abbeverarsi all'amaro calice vuole almeno avere ragionevoli garanzie sulla durata e sulla solidità dell'azzardata esperienza. Ma è una chimera. Perché alla fine la decisione sulla vita o la morte del governo ( forse) nascituro spetterà solo a Matteo Renzi.