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Il politologo Giovanni Orsina, docente di Storia contemporanea alla Luiss di Roma, si dice scettico sulla possibilità concreta che si possa aprire, almeno a breve termine, una crisi di governo. L’esasperarsi dello scontro tra Lega e Cinque Stelle e i continui duelli ingaggiati dai due leader Luigi Di Maio e Matteo Salvini avrebbero più che altro il sapore dello scontro da campagna elettorale.
«Siamo davanti a una campagna elettorale ormai in corso nella quale i due partiti di governo sono concorrenti e sono anche gli unici concorrenti che ci siano. Sì, per carità, Forza Italia e Pd ogni tanto parlano, ma l’attenzione è molto più concentrata su Lega e M5S. Vedo tensioni crescenti che sono legate da un lato alla distanza che c’è tra i due partiti e che c’è sempre stata, non dimentichiamo che questo governo nasce per mancanza di alternative, e che adesso vengono incrementate dalla fatica del governare insieme e dalla campagna elettorale. E’ evidente che Salvini non concede certo un bonus su Roma a un mese dal voto europeo e Di Maio non lo concede all’alleato su Siri».
Niente è cambiato rispetto all’inizio?
No. E’ evidente che le tensioni sono molto cresciute. Detto questo c’è da dire che esiste un coro di commentatori e giornali che da mesi annunciano la crisi e la caduta del governo, senza che ciò accada davvero. Continuo a pensare che queste tensioni non porteranno da nessuna parte. Anche se, certamente, rispetto a un mese e mezzo, le possibilità di una crisi di governo sono cresciute. Prima le avrei stimate al 20%, oggi sono al 35% o al 40%. Naturalmente una crisi immaginabile soltanto dopo le elezioni europee.
Le prossime elezioni che impatto avranno sui rapporti di forza attuali?
Ovviamente avranno un forte impatto. Maggiore sarà la distanza tra Lega e Cinque Stelle e maggiori saranno le tensioni. Con una Lega che veleggia tra il 35 e il 40% e il Movimento al 20% i rapporti si farebbero difficili. Anche se per i Cinque Stelle potrebbe diventare non vantaggioso procedere ad uno strappo.
Potrebbe esserlo per la Lega però…
Potrebbe esserlo, ricordando sempre che i passaggi per arrivare a una situazione diversa da quella attuale sono molto complicati. Non è che la Lega strappa con i Cinque Stelle e il giorno dopo sta al governo con le altre forze del centrodestra. Per arrivare a un simile esito bisogna passare attraverso la crisi di governo, le trattative, l’iniziativa del Capo dello Stato, un fallimento di queste trattative, lo scioglimento e il voto nazionale. Passaggi che richiedono tempo e non saranno mai compiuti prima dell’estate. Al voto non si può andare prima di ottobre e, quindi, dopo due mesi o tre dalla crisi, che sono un’eternità nell’attuale fase storica.
In caso di crisi di governo che scenario immagina? Quali potrebbero essere le decisioni del presidente Mattarella?
Esiste un’opzione e cioè che si rompa il Movimento Cinque Stelle e si faccia un governo di centrodestra con Lega, Fdi e Fi e un pezzo del Movimento. Questa è l’unica opzione soprattutto se la Lega dovesse andare molto bene alle elezioni europee. Se la Lega dovesse arrivare intorno al 35% e si dovesse aprire la crisi di governo non mi pare possa esistere una maggioranza senza il partito di Salvini. Mi pare difficile che il Presidente possa prendere in considerazione una maggioranza sulla base di rapporti interni a un Parlamento che è stato eletto un anno, ma è come se fosse stato eletto 50 anni fa, senza tenere in considerazione la principale forza politica. L’unica possibilità per evitare il voto è un governo che contempli la Lega.
In buona sostanza ritiene il voto inevitabile…
Ma come si fa a non andare al voto in caso di crisi? Dovrebbe esserci una situazione estrema, con lo spread a 500, altrimenti come si può trovare una maggioranza diversa in questo Parlamento? Si riprova tra Pd e Cinque Stelle?
Il voto europeo potrebbe ridisegnare gli equilibri interni alle varie coalizioni?
E’ chiaro che se per Salvini dovesse andare bene in Italia, ma anche a livello europeo, le strategie della Lega sarebbero favorite. Le forze europeiste, almeno stando ai sondaggi, dovrebbero arrivare ai due terzi del Parlamento. In ogni caso, però, più aumentano i propri consensi i partiti euroscettici, più cresce la pressione sul Ppe che dovrà decidere cosa fare, se allearsi con le forze politiche alla sua destra o con quelle alla sua sinistra. Lo dimostra chiaramente la vicenda legata a Orban che è stato solo sospeso dal partito e non espulso. Perché? E’ evidente che si aspetta il risultato del voto europeo. Se dovesse premiare gli euroscettici ci sarà forte pressione perché il partito non si allei con i socialisti e i liberali, ma si allei con i populisti.
Vede a rischio l’alleanza uscente?
Il Ppe è stato alleato con i socialisti per 5 anni e ha perso 6 o 7 punti percentuali a destra. Una certa alleanza che è andata male verrà rifatta? In Spagna, Germania e Francia tutti i partiti della destra tradizionale hanno capito di essersi spostati troppo verso il centro e che questo ha lasciato spazio ai partiti populisti della destra. Per contrastarli, quindi, cercano di ricoprire quello spazio. Vale per i singoli partiti, ma anche su scala europea. Se il Ppe non tiene l’alleanza con socialisti e liberali, apre una serie di scenari nuovi e rende la strategia di Salvini molto più forte.