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«Lo conosco dal 1970. Eravamo insieme al liceo Tasso di Roma e le nostre storie politiche sono iniziate e proseguite insieme». Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, ha motivi umani e non solo politici per festeggiare l’elezione del collega di partito, Antonio Tajani, alla presidenza del Parlamento europeo. Un’elezione «che rafforza il centrodestra in chiave anche europea, nonostante lo sgarbo della Lega Nord».
Senatore, partiamo da quel 1970 in cui ha conosciuto Antonio Tajani. Che cosa ricorda?
Eravamo ragazzi, io militavo nel Fronte della Gioventù dell’Msi, Antonio invece era nel Fronte Monarchico Giovanile. Frequentavamo insieme il liceo Tasso, un liceo storicamente di sinistra, e i ricordi purtroppo non sono tutti piacevoli. Erano anni di aggressioni continue e per questo Antonio fu addirittura costretto a cambiare scuola, trasferendosi al Lucrezio Caro. Ricordo soprattutto le lunghe riunioni al circolo monarchico di via Ludovisi, dove ci trovavamo noi pochi giovani di destra.
Le vostre strade non si sono mai separate, neppure dopo la maturità...
Siamo sempre rimasti amici, ci vedevamo e ci frequentavamo anche dopo. Lui poi diventò giornalista e fu responsabile della redazione romana de Il Giornale.
Quelle pagine sono sempre state uno spazio di libertà, che spesso invece altri quotidiani negavano. Ci sentivamo spesso e quando potevo gli davo volentieri notizie sulle novità politiche a destra. Infine, ci siamo ritrovati in Forza Italia.
Che significato ha, oggi, la sua elezione a presidente del Parlamento europeo?
Per quel che mi riguarda, è una gioia prima di tutto umana oltre che politica. E’ la dimostrazione che la perseveranza e la coerenza in politica pagano, rispetto all’improvvisazione e alla rottamazione che in molti oggi tentano di smerciare. Facciamo politica insieme da quarant’anni e Antonio è un esempio di serietà e lealtà.
Politicamente, inoltre, è una vittoria del Partito Popolare Europeo ma anche di Forza Italia.
Per Forza Italia è un risultato importantissimo. L’elezione a un ruolo così centrale di un suo esponente ha un significato politico e morale notevole, soprattutto perchè Tajani appartiene in modo solare al centrodestra e ha camminato a fianco di Silvio Berlusconi sin dall’inizio.
Eppure la Lega Nord di Matteo Salvini non lo ha votato. Tradotto nella politica italiana, quella di Salvini è un’altra fuga in avanti?
Guardi, a darmi più fastidio è stato il linguaggio della Lega Nord. Potevano votare Tajani o non votarlo, ma le dichiarazioni così aggressive nei suoi confronti sono state assolutamente sbagliate.
Si allontana, quindi, l’ipotesi di ricondurli nella coalizione?
Noi siamo pazienti e soprattutto robusti. Non vogliamo rotture, nonostante questa mancanza di garbo.
A proposito di coalizioni, Silvio Berlusconi è tornato in campo. Dopo mesi di tentennamenti, riapre il cantiere nel centrodestra?
A voler essere precisi, Silvio Berlusconi non è mai uscito dal campo. Ora speriamo che arrivi la sentenza da Strasburgo e faccia giustizia. Detto ciò, è ovvio che il nostro obiettivo sia quello di ricostruire la coalizione, anche se io credo che sia necessario riscoprire soprattutto il ruolo di Forza Italia, come ha detto chiaramente anche Berlusconi.
In termini politici che cosa significa? Un partito egemone?
Forza Italia deve ritrovare i suoi toni e la sua collocazione politica, per recuperare il voto dei moderati. E’ vero, in questo momento esiste il problema di una perdita di consensi, ma non accettiamo ricatti: certo, noi vogliamo la coalizione con Lega Nord e Fratelli d’Italia, ma loro per primi dove pensano di andare senza Forza Italia?
Eppure la sensazione è che il centrodestra si stia polverizzando in tanti nuovi movimenti più che coagulando in una dimensione unitaria.
Non solo, a me sembra anche che in troppi si stiano vestendo da leader. Oggi tutti fondano partiti come se questo bastasse ad aprire uno spazio politico, ma poi non si preoccupano di capire quale elettorato potrebbe votarli.
E quale legge elettorale rispecchia quest’ottica di coalizione?
Io penso ad una legge proporzionale con premio di coalizione. Attenzione, non un premio estrogeno che ingigantisca mostruosamente il vincitore, ma un premio di maggioranza basato su una soglia, per esempio alla coalizione che raggiunga almeno il 40%. A questo proposito, mi è sembrata molto saggia la proposta di Ignazio La Russa, che punta ad eliminare ballottaggi e liste bloccate, preservando la rappresentatività del sistema proporzionale.