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Siamo uno dei Paesi più importanti del mondo. Non è autocelebrazione: è la verità. Abbiamo una storia millenaria alle spalle e uno sterminato patrimonio artistico, culturale, museale. Abbiamo il primato mondiale per siti Unesco: 53 patrimoni dell’umanità tutelati. Prima della Cina, che è 30 e passa volte più grande dell’Italia. Siamo la seconda manifattura d’Europa, i numeri del nostro export sono esponenziali. «Nun ce se crede», motteggiò Paolo Gentiloni nell’ultima conferenza stampa di fine anno da premier. E’ anche vero che siamo tra gli Stati con maggior numero di anziani e agli ultimi posti per crescita e modernizzazione. Ma il dato più drammatico è che negli anni siamo stati contagiati da un virus devastante in virtù del quale abbiamo progressivamente perso la capacità di distinguere tra realtà e finzione, tra verità e propaganda, tra concretezza dei fatti e rifugio nei sogni. Il risultato è uno sfasamento continuo tra ciò che davvero occorre e ciò che si desidera, tra ciò che serve e quello che ci viene sottoposto. Il confronto - bisognerebbe dire scontro, ma ormai è stucchevole - sulle cifre di bilancio, sulle misure per far ripartire l’economia ne è la riprova al tempo stesso più netta e più crudele. Il ministro Tria spiega che l’aumento dell’Iva è inevitabile se non si interviene su alcuni fondamentali e invece di provocare un allarmato approfondimento il suo monito viene deriso: «Trovi i soldi nelle pieghe del bilancio». Trascurando che è proprio dal bilancio che il titolare dell’Economia prende spunto per esprimere le sue valutazioni. Il morbo della fuga dalla realtà, che è il contrario dell’azione politica consapevole e lungimirante, produce altresì una torsione perfino della logica, in definitiva cancellandola. Il vicepremier Luigi Di Maio assicura che finché i Cinquestelle saranno al governo l’aumento dell’imposta non ci sarà. Mentre il parigrado Salvini preferisce compitare: «L’Iva, non aumenterà, l’Iva non aumenterà, l’Iva non aumenterà...». Come se i due vicepremier non facessero parte della maggioranza. Come se non toccasse a loro, al premier e al governo nella sua collegialità, indicare la rotta da seguire e le soluzioni da trovare. Come se Tria fosse un estraneo, un alieno. Come se la realtà fosse un Lego da montare e smontare a piacimento. E se i pezzi non si incastrano fa niente: li buttiamo via.