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Quando, con sentore di strumentalità, si tirano in ballo persone o fatti del passato per giustificare misure dell’oggi, spesso è perché le motivazioni dell’oggi sono scarse o poco convincenti. E’ la sensazione non l’unica: solo la più benevola - che si ricava dalla lettura delle valutazioni usate da Marco Travaglio per contestare la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha invitato l’Italia a ripudiare l’ergastolo ostativo - quello senza alcuna possibilità di benefici - in quanto, appunto, inumano.
Travaglio ricorre alla memoria di Falcone e Borsellino per sostenere che loro quella misura, «l’hanno inventata» e dunque chi la critica fa il gioco dei malavitosi, dei mafiosi, dei corrotti. Anzi, dovrebbe avere il coraggio di deturpare il loro ricordo affermando che i due magistrati erano, oltre che inumani, «violatori» della Costituzione. A parte - e questo giornale lo ha scritto più volte - che la verità storica è un’altra e cioè che Falcone, consapevole che l’ergastolo senza condizionale ( citiamo il nostro Damiano Aliprandi) era incostituzionale, non ha escluso i benefici bensì solo allungato i tempi per ottenerli, il nodo vero non è storico- memorialistico bensì culturale.
Quanto il sofisma sia fuorviante è confermato dalla sua stessa essenza: praticamente - e Travaglio infatti lo fa - seguendo quel percorso logico si arriva a sostenere che i giudici europei con i loro verdetti intendono non salvaguardare principi basilari della civiltà e del rispetto della dignità umana bensì surrettiziamente «dare una mano» a mafiosi, malavitosi, corrotti.
Di più. Usando lo schema precedente, perfino Papa Francesco quando sostiene che l’ergastolo ostativo è «una morte nascosta» si pone sullo stesso piano dei giudici di Strasburgo. Per Travaglio la Cedu è «demenziale». Verrebbe da usare stesso aggettivo per le sue argomentazioni. Visto che la Costituzione viene tirata in ballo forse è il caso di ricordarla. Laddove agli articoli 13 e 27 prescrive che «è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone sottoposte a restrizioni di libertà», e che «le pene... devono tendere alla rieducazione del condannato». Vale per chiunque: perfino per mafiosi, malavitosi e corrotti. Nessuno vuole rimetterli in libertà gratuitamente: sarà il giudice a stabilire il se e il come. Ma negargli la speranza, solo quella, di lasciare un giorno, per alcune ore, il carcere è roba da aguzzini. Dei mille e passa in quelle condizioni, il ravvedimento anche di uno solo rappresenta una vittoria per tutti. Anche per Travaglio.