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Nella concitata fine del 2018, Emanuele Fiano è diventato uno dei volti più noti dell’opposizione - complice anche la stazza imponente durante le animate sedute parlamentari di approvazione della manovra di bilancio. Il parlamentare dem è stato poi anche uno degli animatori della manifestazione di piazza del 29 dicembre, e oggi lancia il suo auspicio per il 2019: «Il Pd torni ad essere la risposta contro le paure della gente», quando «le conseguenze negative di questa manovra di bilancio si realizzeranno».
Onorevole, lei era in piazza il 29 dicembre per manifestare contro la manovra.
Sì, ed è andata molto bene considerando che il 29 era un giorno di festa e molti cittadini erano impegnati. Invece noi e la nostra iniziativa siamo stati accolti bene, con noi c’erano molte centinaia di persone e abbiamo riempito la piazza davanti al Parlamento.
Lei dice che siete stati accolti bene: il Pd sta cercando di ricucire il feeling perduto con le piazze?
Le rispondo partendo da cosa è successo nei giorni scorsi: i cittadini e i nostri militanti hanno percepito quanto avvenuto in Aula, hanno capito che nel merito questa manovra aumenta le tasse, taglia sugli investimenti, penalizza i pensionati e blocca le assunzioni nella Pa. Hanno anche visto come il metodo utilizzato dalla maggioranza abbia ferito la democrazia. Tutto questo si è tradotto in calore nei nostri confronti e partecipazione di piazza. Le battaglie che rimangono chiuse nelle aule parlamentari servono a poco, dobbiamo riuscire sempre di più a trasmettere all’esterno ciò che facciamo, anche stando all’opposizione.
Insomma, serve più concretezza?
E’ chiaro che con una manovra del genere non servono manifestazioni solo per invocare i pur importanti principi di rispetto costituzionale. Serve invece scendere in piazza per protestare contro qualcosa di concreto e tangibile: il fatto che, con il testo approvato, questo governo colpisce duramente i ceti più deboli. Questo serve, perché i cittadini sono attenti a quanto accade e vogliono essere coinvolti.
Eppure la manovra contiene anche il reddito di cittadinanza e quota100, che sono state pensate come misure in favore dei ceti deboli.
Questa manovra contiene soprattutto il blocco della rivalutazione delle pensioni, lo stop alle assunzioni nella Pa, l’aumento di alcune forme di tassazione, il taglio agli investimenti nel settore ferroviario: tutte misure che danneggiano le fasce più deboli. Quanto alle misure bandiera che lei cita, il loro impatto si è molto ristretto. Staremo a vedere chi davvero potrà ottenere il reddito di cittadinanza e quale sarà il suo ammontare. Lo stesso vale per Quota100, la cui platea è stata molto ridotta.
La sinistra torna in piazza, quindi?
Guardi, io non ridurrei il tutto a un fenomeno legato strettamente all’opposizione. Io sto vedendo che la mobilitazione arriva forte anche da parte di tutte le categorie danneggiate dalla manovra. Nei prossimi giorni ci sarà la manifestazione delle professioni sanitarie, contro il condono sui titoli di studio. I sindacati hanno promosso per il prossimo mese un’altra giornata di mobilitazione e lo stesso hanno fatto molte altre associazioni di categoria.
Eppure il governo del cambiamento è ancora convinto di godere del sostegno popolare. Si sta sgretolando, secondo lei?
Esiste una luna di miele per tutti i governi. Il momento dei risultati conseguenti alle azioni promosse, però, è quello della verità. Noi abbiamo letto la legge di bilancio molto in ritardo e senza possibilità di modificarla, ma conosciamo il testo e pensiamo che le tasse saliranno di circa quattro decimali. I cittadini, invece, percepiranno tra qualche mese gli effetti di ciò che è stato approvato. Quando si accorgeranno, per esempio, che i lavori sulla linea ferroviaria che prendono tutti i giorni non si faranno perché non ci sono i soldi, capiranno i danni compiuti dal governo.
Il governo considera una vittoria l’aver scongiurato la procedura di infrazione, grazie a questi ritocchi nel testo.
La battaglia con l’Europa non era certo di aritmetica. L’Ue ci chiedeva di aumentare lo sviluppo, invece il governo ha optato per una manovra regressiva, pur di fare il reddito di cittadinanza, una minuscola Quota100 e la flat tax per una sola categoria. Il problema del testo non erano i decimali: l’Europa ci chiedeva equilibrio tra entrate e uscite, il governo ha scelto di ridurre investimenti strutturali pur di finanziare le loro bandiere regressive. Basti analizzare un fatto: negli ultimi 4 anni le tasse sono scese, ora risalgono.
Passata la manovra, cosa vi aspetta per il 2019?
Daremo battaglia su tre temi per noi fondamentali. Ci opporremo alla riforma costituzionale dei 5 Stelle, per introdurre il referendum propositivo senza quorum allargato anche alle materie economico- finanziarie, sempre escluse dalle consultazioni popolari. Una mossa pericolosa, che esautora la funzione legislativa del Parlamento. Poi ci schiereremo contro la riforma della legittima difesa come voluta dalla Lega. Poi cercheremo di bloccare la legge che punta al trasferimento del controllo delle riserve auree dalla Banca d’Italia al ministero del Tesoro, togliendole dunque ad una autorità indipendente per portarla nel controllo dei vari governi.
Intanto, sta per celebrarsi il congresso del Pd e lei si è espresso per Maurizio Martina.
Siamo in una fase particolare della nostra vita interna, con il cambiamento dopo una leadership forte come quella di Matteo Renzi, che io ho appoggiato ma che ha sofferto due sconfitte cocenti, una referendaria e una elettorale. Il congresso sarà un passaggio democratico con dei costi, ma è nei momenti di passaggio che va interrogato il proprio popolo.
Il tempismo non è dei migliori?
Guardi, in politica è difficile sapere quale sia il momento migliore. Per questo penso che sia importante che i contendenti espongano le loro proposte in modo convincente e oltre i confini attuali del Pd. Il congresso non deve assomigliare a una competizione sui nomi, ma essere una battaglia di principio sui caratteri di una sinistra moderna e riformista.
Che cosa manca al Pd?
Le dico cosa deve essere: noi dobbiamo essere il partito che riprende la strada dello sviluppo del Paese, perché crescita significa anche allargamento dei diritti. L’Italia è schiava della paura. Ecco: noi dobbiamo tornare ad essere percepiti come la risposta a questa paura, noi come una delle sue origini.