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Valeria Fedeli, senatrice ed ex ministro dell’Istruzione nel governo Gentiloni, condivide «la volontà del segretario Zingaretti di far convivere nel Partito democratico aree politiche diverse ma che si basano su principi solidi e condivisi».
Senatrice Fedeli, dopo la direzionale nazionale che aria tira nel Pd?
Non proporre nessuna donna per i ruoli di ministro nel governo Draghi è stato un errore politico che sarebbe sbagliato considerare frettolosamente superato con la nomina, pur positiva, di cinque sottosegretarie su sei. Da quell’errore si è aperta una riflessione politica nel Pd e sarà fondamentale un confronto vero, profondo, ampio. Ho molto apprezzato l’apertura del segretario Zingaretti su questo. Dalle donne deve partire, e ripartirà, la ristrutturazione del partito.
Serve un Congresso?
Decideremo insieme se e quando fare il Congresso, ma in un partito democratico riformista il dialogo è assolutamente necessario, oggi, per riprendere il filo delle proprie scelte politiche e decidere quale linea politica dare al partito.
Crede che gli attacchi contro Zingaretti siano stati ingenerosi?
Chi gioca tutto su cosa dice o non dice il segretario si dimostra inadeguato al bisogno di politica che serve oggi. Il problema non è cambiare un leader con un altro, ma avere contenuti espliciti da offrire al Paese. Dobbiamo essere il partito che punta a costruire un’economia della conoscenza inclusiva e paritaria.
Pensa che l’alleanza con Movimento 5 Stelle e Leu vada coltivata, anche in vista delle Amministrative?
L’alleanza deve avere al centro un profilo politico chiaro in Italia, in Europa e nel mondo. Anche la parte grillina antieuropeista lo ha capito e ora si tratta di gestire con qualità politica i processi di cambiamento. Il Pd deve confrontarsi con chi ha sensibilità simili alle sue sulla parità di genere, sull’ambiente, sull’istruzione. Se questi sono i contenuti allora si può costruire un’alleanza anche alle Amministrative.
In molti nel partito vorrebbero invece aprire alla parte più moderata del centrosinistra. È d’accordo?
Il Pd è nato come un insieme dei riformisti di questo Paese. Le scissioni che ha subito non hanno cambiato la sua natura, ma certamente l’hanno indebolito. Chi si è scisso è anche perché evidentemente non era fino in fondo un sincero democratico. Bisogna essere capaci di convivenza democratica e condivido da tempo, non da oggi, la volontà del segretario Zingaretti di far convivere nel Pd aree politiche diverse ma che si basano su principi solidi e condivisi.
Come immagina la convivenza con la Lega nel governo Draghi?
Questo non è un governo di coalizione ma un esecutivo allargato a forze che oggi stanno insieme per superare i gap strutturali del Paese, sapendo però che sono e rimarranno alternative quando andremo alle elezioni. Ecco perché dobbiamo rilanciare la nostra fisionomia e le nostre proposte politiche.
Quali sono le sfide più urgenti?
Serve un investimento permanente sulla formazione e sull’educazione per stare al passo con la digitalizzazione. Bisogna accompagnare i giovani affinché abbiano la possibilità di essere attivi nei propri processi di vita e di lavoro, non bastano sussidi e risarcimenti. Dobbiamo rimuovere gli ostacoli all’apprendimento e questo, più di altro, significa avere politiche progressive ed essere di centrosinistra.