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Ettore Rosato, presidente di Italia viva e vicepresidente della Camera, spiega che sul ddl Zan «il Pd non ha mai avuto voglia di approvare quella legge, perché per loro la mediazione è troppo faticosa» e che i dem «potevano affidare la trattativa a Zanda, che è uomo ragionevole, invece che a Zan, il quale ha detto che non si poteva cambiare nulla».
Onorevole Rosato, Letta ha detto che con voi c’è stata una «rottura totale». Il rapporto è irrecuperabile?
Penso che la cosa grave più grave che sia successa è che il Pd ha rinunciato a fare una legge utile per il paese. Tutto il resto fa parte di una logica di posizionamento politico, a partire dal loro tentativo di scaricare su altri le proprie responsabilità. Veramente ingeneroso, oltre che indecoroso.
Perché al Senato non avete sostenuto continuamente il ddl Zan come avete fatto alla Camera?
Perché sapevamo come sarebbe finita. La capacità di conto del Pd e del M5S ce la ricordiamo bene, basti pensare a quando dicevano che al Senato avevano i numeri a prescindere da noi durante la crisi del secondo governo Conte. È valsa la stessa regola anche questa volta quando, nonostante il nostro voto a favore, anche nella pregiudiziale, il provvedimento si è salvato per un solo voto a voto palese. Lo sapevano tutti come sarebbe finita, ma non per la mancanza dei voti di Italia viva, che pure ci sono sempre stati.
Eppure Letta aveva aperto alla mediazione e Renzi si era reso disponibile. Cosa è mancato nella trattativa?
Il Pd non ha mai avuto voglia di approvare quella legge, perché per loro la mediazione è troppo faticosa. È stata più facile questa soluzione. La stessa decisione di affidare a Zan la mediazione dimostra che la mediazione non si voleva fare. Potevano affidarla a Zanda, che è un uomo ragionevole. Di certo non si può affidarla a chi ha già detto che non si poteva cambiare nulla.
In che modo sarà possibile rimettere insieme i cocci?
Noi abbiamo una responsabilità, che in questa pandemia che purtroppo non è ancora finita è quella di aiutare il paese a rialzarsi. Misuriamoci sulle cose concrete che servono all’Italia. Su questo si devono trovare le convergenze che per noi sono alternative alle politiche populiste e assistenzialisti dei Cinque Stelle e di un pezzo della destra di questo paese.
A proposito di destra. A che punto è il laboratorio politico con Miccichè in Sicilia?
Con Gianfranco Miccichè e con Forza Italia in Sicilia si sta ragionando del futuro della città di Palermo. Siamo usciti dalla giunta Orlando perché come hanno riportato i giornali di mezzo mondo è stata incapace di gestire la città, dall’emergenza cimiteri a quella dei rifiuti. Siamo concentrati su questo e per noi è importante trovare un’alternativa a quel governo fallimentare. Lo faremo con chi ci sta.
Oltre che a Palermo state pensando anche alle Regionali, visto il gruppo unico già formato in Ars. O no?
C’è un lavoro comune che vedremo in quale direzione potrà concludersi. Certo noi restiamo all’opposizione della giunta Musumeci. Le nostre scelte su Palermo sono chiare e motivate, poi a livello nazionale lavoriamo con tutti quelli che credono che vada costruito un progetto capace di attrarre gli elettori delusi da uno scontro tra estremisti.
Nella bozza di manovra c’è il rifinanziamento al reddito di cittadinanza, con alcuni correttivi. Vi convince l’approccio di Draghi?
Differenziamo la lotta alla povertà dal reddito di cittadinanza: sono due cose diverse. Purtroppo il reddito di cittadinanza non è uno strumento adatto alla lotta alla povertà e il lavoro svolto dal presidente Draghi per provare a renderlo uno strumento più utile è sicuramente apprezzato e da noi fortemente sostenuto. Certo non si può trasformare una vecchia bicicletta nella moto di cui avremmo bisogno per affrontare il post pandemia. Ci sarà molto lavoro ancora da fare.
Sulle pensioni Quota 102 servirà invece come ponte per l’anno prossimo, poi si vedrà. È la giusta soluzione?
È un compromesso. La nostra preoccupazione non è far lavorare più possibile le persone, ma non scaricare i costi sulle nuove generazioni. Bisogna costruire condizioni per cui i lavoratori che hanno avuto una carriera lavorativa più pesante e usurante escano in tempi ragionevoli. La differenziazione va fatta su questo. Mi sembra che le scelte del governo anche in questa legge di bilancio siano andate in questa direzione.
Calenda ha detto che se i sindacati scenderanno in piazza lui si mobiliterà per i giovani. Ci sarete anche voi?
Non abbiamo bisogno di mobilitazioni di piazza per i giovani. Abbiamo bisogno di leggi coerenti in Parlamento.
Quello stesso Parlamento in cui sul voto segreto al ddl Zan sono saltati tutti gli schemi.
Condivido l’analisi sul voto segreto, ma il Pd ha trasformato quel progetto di legge in una sua bandiera identitaria, ottenendo lo splendido risultato di compattare tutto il centrodestra a cui si sono sommati tutti quelli nel Pd e nel M5S ai quali non piacciono né Conte né Letta. La mediazione sul ddl Zan poteva essere una buona palestra per rompere quel fronte di destra su una materia sensibile come quella dei diritti. Un’occasione sprecata.