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Il governo Conte, nato poco di più due mesi fa, già non naviga in buone acque. E la vicenda Ilva, provocata da una irrimediabile spinta del Movimento Cinquestelle verso una ideologia della “decrescita felice”, rischia di diventare il detonatore di una crisi eguale e opposta a quella di inizio agosto sulla Tav, con un voto parlamentare che potrebbe vedere di nuovo un pezzo di maggioranza votare insieme ad un pezzo di opposizione.
Probabilmente, dopo la brutta figura rimediata allora, si metterà una pezza alla disastrosa gestione di Ilva e si troverà una ragionevole forma di esimente penale per gli amministratori e un ragionevole compromesso, con qualche esborso pubblico maggiore, con Arcelor Mittal.
E ciò perché il sistema politico italiano non è ancora pronto ad affrontare elezioni politiche che, a meno di improvvisi sbandamenti dell’autista Conte e dei passeggeri ( i quattro partiti di maggioranza), non corretti da una cabina di regia ( il capo dello Stato) che deve preservare la sua imparzialità, non si terranno nel prossimo anno, lasciando giungere all’elezione del nuovo presidente della Repubblica nel 2022.
Certo, c’è la variabile della riduzione del numero dei parlamentari che potrebbe spingere ad un improvviso scioglimento per evitare l’applicazione del taglio, ma sarebbe una mossa disperata che potrebbe ritorcersi in danno di chi l’ha provocata.
Dopo la nascita del governo Conte 2, vi sono stati invero sommovimenti politici che ancora non hanno trovato un assestamento, nemmeno embrionale.
Nel centro- destra, apparentemente riunificato dopo la formazione della nuova maggioranza, Salvini sta cercando un riposizionamento più filo- europeo, più filo- atlantico, per darsi un’immagine più moderata, che rassicuri un’area di ceto medio, rivolta a destra ma timorosa di avventure.
Un riposizionamento di questo tipo ( che richiede però dimostrazioni politiche più solide di quelle manifestatesi sinora) ha tuttavia effetti sui partner: apre spazi nuovi per Fratelli d’Italia, che potrebbe recuperare frange di disagio estremista che finora si erano rivolte alla Lega; ma potrebbe mettere in difficoltà Forza Italia, che, nel caso di riposizionamento effettivo, vedrebbe ridotta a mera testimonianza ( anche in termini di seggi!) la sua possibilità di costituire la faccia presentabile del centro- destra, senza però riuscire a convincere quella fascia di eletti ed elettori che non credono ad una conversione moderata della Lega.
Nell’area della maggioranza, i sommovimenti sono altrettanto importanti. Il Movimento Cinquestelle sembra destinato a continui rivolgimenti e scontri interni, conseguenti alle perdite elettorali e prodromici di un possibile prossimo sfaldamento, sia di eletti che di elettori; LeU sembra lentamente destinato a rientrare nel Pd, partito che a sua volta dimostra una buona stabilità, priva però di capacità di creare sintesi politica; la nuova formazione politica di Matteo Renzi gioca inevitabilmente guardando un po’ a sinistra, un po’ al centro, un po’ ad altre aree di disagio politico, secondo una tradizionale impostazione del suo leader.
Il puzzle non si è ancora ricomposto, non essendo chiaro se si riformerà un nuovo bipolarismo tra un centro- destra unito e l’attuale area di maggioranza ( ambedue le operazioni richiedono capacità di elaborazione e sintesi che non sembrano alla portata degli attuali attori) oppure se si andrà verso una riorganizzazione di un centro politico, capace di dirigere il gioco.
Ma, fino a che non si ricompone il puzzle, non si fa la nuova legge elettorale e di conseguenza non si può andare a nuove elezioni per un Parlamento ridotto a seicento componenti con il vecchio Rosatellum.
Ecco, perché a meno di sbandate - sempre possibili ( tra di esse conta una cattiva gestione di un eventuale risultato negativo per il Pd delle elezioni in Emilia- Romagna) - ovvero della volontà di bloccare la riduzione dei parlamentari, questa legislatura sembra destinata a durare ancora un po’ di tempo.