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Pochi giorni fa si è attirato le ire del leader leghista per averlo definito «un Higuain fuori forma» che si sente Maradona sulla questione migranti. Ma adesso il sottosegretario M5S agli esteri, Manlio Di stefano, ci scherza su: «Avrà capito che gli ho dato del “panzone”, ma la metafora era diversa», dice ridendo.
La Lega chiede le dimissioni del sottosegretario Spadafora per aver accusato Salvini di sessismo nei confronti della capitana Carola Rackete. È solo l'ennesima querelle tra alleati o c'è qualcosa di più?
Abbiamo così tante questioni importanti da affrontare che mi sembra assurdo occuparci di ciò che ha dichiarato Spadafora in un'intervista. Il fatto che mezzo governo chieda le dimissioni di un sottosegretario perché ha utilizzato parole che non piacciono mi fa sorridere. Sinceramente non vedo argomenti su cui valga la pena soffermarsi.
Ma il ministro dell'Interno si è espresso o no con toni sopra le righe nei confronti di Carola? La politica del XXI secolo fa un uso davvero eccessivo di parole. Se dovessimo valutare solo le frasi sarebbe impossibile fare un'analisi lucida della realtà. Ciò che mi interessa è capire se si è lavorato bene sulla Sea Watch, che in quell'occasione ha sbagliato apertamente.
Per impedire nuovi sbarchi alle Ong, il Viminale ha pensato di affidare i “confini” marittimi alla Guardia costiera e alla Marina. Davvero le navi da guerra possono essere una soluzione all'immigrazione?
Non può essere la soluzione, può essere una delle soluzioni. È evidente che anche una nave militare davanti a un barchino di migranti non può far altro che soccorrerlo. Di certo non può abbatterlo né rimandarlo indietro. Per risolvere i problemi Salvini dovrebbe mettersi nell'ottica di fare squadra tra tutti i ministeri, se invece pensa di poter affrontare tutto da uomo solo al comando finisce che si scontra con la realtà.
E la realtà non può essere, come annunciato dal ministro, usare navi militari per riportare i barconi in Libia...
Non è possibile. Tutto il governo ha contribuito al lavoro per ridurre in maniera considerevole gli sbarchi in Italia: il presidente Conte nelle bilaterali, la ministra Trenta sul controllo marittimo, il ministro Toninelli sulla questione dei porti e Tria nel rapporto con la Guardia di finanza, che poi opera in mare. Ora bisogna guardare al futuro e alla programmazione.
I migranti a bordo delle navi, potenzialmente, avrebbero tutti diritto alla protezione internazionale. La questione non andrebbe semmai affrontata con i corridoi umanitari?
Certamente, infatti lo stiamo già facendo. L'Italia è uno dei promotori storici dei corridoi umanitari. Stiamo però chiedendo una condivisione europea del problema, in modo che la destinazione non sia soltanto l'Italia. Se dalla Libia devono partire quattromila persone con diritto d'asilo vorrei che partissero in aereo, non su un gommone, per raggiungere tutti i paesi europei.
Per battere i pugni serve però sedersi ai tavoli in cui si prendono le decisioni a livello europeo. Non basta lamentarsi...
Certo, ed è quello che per ora fa a livello informale Conte quando chiama i suoi omologhi europei per chiedere una ripartizione dei migranti a ogni barca che arriva.
L'accordo di maggioranza sul dl sicurezza prevede una ventina di emendamenti a testa. C'è stato qualche problema sui poteri che il Viminale avrebbe voluto auto attribuirsi, per questo l’avete fatto ritirare?
La verità è che il decreto è ancora in discussione alla Camera e ci sarà da affinare il dialogo tra Di Maio e Salvini per trovare una sintesi. Anche in questo caso, però, è evidente che se si opera insieme si raggiungono gli obiettivi, se si naviga a vista non si va da nessuna parte. Voler apparire come uomo forte danneggia la capacità di lavoro del governo. E oltre alla propaganda non si ottiene molto di più.
Crede che sui temi più delicati per il Movimento la Lega spinga sull'acceleratore per mettervi in difficoltà?
Non credo. Salvini ha un unico grande racconto che riguarda la sicurezza e l'immigrazione. È ovvio che su quel tema voglia capitalizzare consenso il più velocemente possibile. Ma l'emendamento al dl sicurezza per rendere più semplice il sequestro delle navi, ad esempio, è del Movimento.
Qualcuno dice sia stato depositato proprio per sottrarre competenze al Viminale e delegarle alla magistratura...
No, non è così. Di Maio ha preso questa iniziativa per impedire che alcune Ong prendano in giro lo Stato italiano. Il caso della capitana, da questo punto di vista è eclatante: una nave viola il divieto senza essere sanzionata.
Quotidianamente arrivano decine di profughi nei porti italiani. Perché gli unici a non poter attraccare sono quelli a bordo di una nave delle Ong?
Diciamo che quelle navi attirano l'attenzione mediatica e diventano impattanti per l'opinione pubblica. Ma il problema non sono le Ong, sono le guerre, i campi profughi, lo sfruttamento delle risorse, le vie legali d'accesso.
Il Carroccio l'ha invitata a trasferirsi in Venezuela, viste le sue posizioni pro Maduro. Lei ha impedito che l'Italia, su pressione della Lega, riconoscesse la presidenza ad interim di Guaidò, come già fatto da altri paesi europei. Rivendica quella decisione, alla luce degli scandali che hanno travolto l'opposizione venezuelana?
Ho apprezzato molto gli attacchi che mi son piovuti addosso dai leghisti. In qualche misura hanno messo in luce un lavoro a cui mi son dedicato parecchio. Se l'Italia ha gestito in maniera perfetta il caso Venezuela, risparmiandosi la pessima figura fatta da molti paesi europei, è grazie alla linea in qualche modo imposta dal Movimento 5 Stelle. Se avessimo riconosciuto Guaidò come chiedeva la Lega avremmo preso una cantonata colossale. L'ideologizzazione chiavista o anti chavista di una crisi così grave non aiuta il paese a seguire un percorso democratico. È una posizione pericolosa.
Corbyn chiede un nuovo referendum sulla Brexit. È corretto riconvocare i britannici sullo stesso tema?
Sullo stesso tema non credo sia corretto. Non puoi chiedere ai cittadini sempre la stessa cosa finché la risposta non cambia. A meno che tu non convochi gli elettori per chiedere un parere sul tipo di condizioni ottenute ai tavoli internazionali per l'uscita. Ma sempre all'interno della scelta Brexit.
Le ha dato fastidio sentirsi definire «burocrate» sul libro di Alessandro Di Battista?
Mettere su carta pensieri molto più complessi a volte può essere pericoloso. E credo che Alessandro abbia peccato di eccessiva semplificazione. Mettiamola così.