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«Va nella direzione giusta a fronte di risorse molto limitate, ma il governo non si dimentichi degli ultimi». L’ex ministro del lavoro, Cesare Damiano, analizza così la bozza di manovra economica e la contestualizza in un mercato del lavoro che rimane fragile».
Questo Def arriva in una fase ancora complicata.
Siamo di fronte a una stagnazione dell’economia: non c’è crescita e nel medio periodo non si prevedono significativi cambiamenti. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, segnalo un andamento negativo della cassa integrazione, che nei primi 9 mesi del 2019 è cresciuta del 16% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con 187 milioni di ore, determinando un’assenza dall’attività produttiva di 119 mila lavoratori a tempo pieno. Infine, è negativo anche il dato sulla produzione industriale, con cali molto importanti in settori di carattere strategico come l’automobile, che trascinano il loro indotto.
Crescono gli occupati, invece.
Le statistiche dell’Istat certificano un ritorno al livello del 2008, con 23 milioni di persone occupate. Il dato appare anomalo, visto che la crescita economica è ferma, e andrebbe collegato al numero di ore lavorate: rispetto al 2008 ne mancano all’appello quasi 2 miliardi. Questo significa che la crescita occupazionale non è qualitativa, ma solo quantitativa, perchè occupano uno spazio sempre maggiore i lavori discontinui, precari, gli orari corti e le paghe basse.
Ma la manovra si muove nella giusta direzione?
Sì, perchè le sue parole chiave sono crescita e cuneo fiscale. Il fatto di reintrodurre misure che avevano funzionato, come Industria 4.0 e il superammortamento, aiuta la crescita e la scelta di eliminare l’aumento dell’iva favorisce la ripresa dei consumi. Sul lato del lavoro apprezzo molto il fatto che si sia deciso di intervenire solo a vantaggio delle buste paga dei lavoratori: il potere di acquisto dei salari tra il 2010 e 2017 è diminuito del 4,3%, quindi c’è l’esigenza di favorire le retribuzioni, soprattutto quelle medio basse, anche se la cifra media mensile di cui si parla è di circa 40 euro. E’ un segnale, ma va fatta attenzione.
A cosa?
Se la platea coinvolta sarà quella dei cosiddetti 80 euro di Renzi o addirittura quella superiore alla soglia lorda annua di 26mila euro, commetteremmo nuovamente un errore, perchè non sarebbero inclusi i cosiddetti “incapienti”, lavoratori che percepiscono un massimo di 8200 euro lordi annuali. Dimenticare gli ultimi per una manovra che si vuole caratterizzare anche per l’equità sociale sarebbe un errore.
Uno dei cavalli di battaglia è la lotta all’evasione. Serve mettere un tetto ai contanti?
Sono favorevole alla moneta elettronica e penso che dall’evasione fiscale, che si caratterizza per il multiforme ingegno italico, si possano effettivamente ricavare risorse con cui realizzare l’equità sociale. Si tratta di agire con intelligenza e in modo progressivo. Esistono resistenze tra i lavoratori autonomi per l’adozione del Pos, per esempio: dunque serve un’azione lungimirante dello Stato, un accordo col sistema bancario che elimini i costi delle transazioni. Si scommetta su una spesa da sostenere nell’immediato, ma che nel breve e medio periodo darà dei ricavi ben superiori.
Italia Viva è decisa a toccare Quota 100 in sede parlamentare. Lei la ha molto avversata, ma ora è contrario alla sua eliminazione.
Si, perché errare è umano ma perseverare è diabolico, soprattutto se lo si fa sulla base di un atteggiamento demagogico. Smettiamola di pensare che i cittadini siano dei numeri da inserire nella legge di Bilancio. Abbiamo quasi finito di gestire il dramma degli esodati della legge Fornero, che fino ad oggi ci sono costati 11 miliardi di euro, mentre ancora 6 mila di essi aspettano un segno di giustizia. Non inventiamoci nuovi problemi.
Eliminare Quota 100 ne provocherebbe?
Quella legge è criticabile perché è una finestra pensionistica, non una Quota, che privilegia chi ha un’alta contribuzione ed esclude donne e lavoratori discontinui come gli edili. Inoltre non ha prodotto alcun ricambio generazionale. Detto questo, se per furia iconoclasta vogliamo cancellarla, rischiamo di dimenticare le conseguenze sociali che questo provocherebbe. Vogliamo creare nuovi esodati? Inoltre, nel 2020 ci saranno già dei risparmi con l’autolimitazione dei costi, viste le minori richieste, e nel 2021 questa misura morirà comunque.
E tornerà la Fornero?
Esatto. Per questo già oggi dovremmo cominciare a pensare ad uno strumento che offra flessibilità in modo strutturale, a partire dai 63 anni di età, mano a mano che ci si avvicina al sistema “tutto” contributivo.